Università sempre più care al nord. Bari la più economica

Pubblicato il 3 Ottobre 2011 - 15:37 OLTRE 6 MESI FA

ROMA, 3 OTT – Gli atenei del Nord sono molto più cari di quelli del Sud Italia. Lo dice il secondo Rapporto sui costi delle tasse universitarie negli atenei italiani messo a punto dall’Osservatorio nazionale Federconsumatori.

Dalle rilevazioni, fatte consultando i siti e le guide delle Università con il maggior numero di iscritti, emerge che anche quest’anno gli atenei delle regioni settentrionali sono più cari in media del 13,5% rispetto alla media nazionale.

La differenza più marcata rimane comunque quella tra Nord e Sud: le università del Nord sono più care, in media, del 28,3%. Divario che si fa ancora più evidente prendendo in considerazione l’ultima fascia, quella per i redditi più alti: le Università del Nord risultano in questo caso più care del 68% rispetto a quelle del Sud. Di conseguenza non dover dichiarare il proprio reddito (rientrando automaticamente nella fascia più alta) costa di meno al Sud.

L’università più cara (prendendo in considerazione la prima fascia) è l‘Università degli studi di Parma con una retta di 1005,87 euro annui per le facoltà scientifiche e di 890,05 per quelle umanistiche, pari al +103% in più rispetto alla media nazionale. Quasi il doppio, ad esempio, di quanto pagano per lo stesso tipo di facoltà gli studenti di Roma: per le scientifiche gli studenti della Sapienza pagano 549 euro, quelli di Tor Vergata 433; per le umanistiche chi frequenta la prima paga 521 euro, la seconda sempre 433.

Al secondo posto si trova invece l’Università degli studi di Verona (con una retta annuale di 613,18 Euro per le facoltà umanistiche e 671,22 Euro per le facoltà scientifiche). In termini generali, invece, sono gli atenei del Sud ad applicare tasse più basse, con l’Università Aldo Moro di Bari in testa alle università che costano meno (sempre considerando la prima fascia), anche se bisogna sottolineare che parte dell’importo della retta è dovuta al merito: una votazione media bassa o un basso numero di crediti conseguiti, quindi, si traduce in un aumento delle tasse.

Complessivamente, rispetto al 2010, si registra una lieve diminuzione delle tasse universitarie per la 1 e la 2 fascia di reddito considerata (rispettivamente -1% e -4%), mentre i costi per gli studenti appartenenti alla 4 e la 5 fascia aumentano, rispettivamente, del +4% e del +10%.

”Estremamente interessante – osserva Federconsumatori – è la situazione che emerge guardando al raffronto generale sul costo dell’università per le famiglie. La maggior parte delle famiglie monoreddito di lavoratori autonomi, come gioiellieri, albergatori e ristoratori rientrano infatti nella seconda fascia Isee considerata, e quindi pagano in media una tassa annuale universitaria pari a 515,82 Euro, esattamente come la famiglia monoreddito di un operaio non specializzato. Questi dati, se affiancati a quelli della crescente evasione fiscale e della diminuzione degli investimenti sulla pubblica istruzione, fanno emergere un quadro drammatico: infatti si andrà sempre più verso un aumento degli studenti che appartengono o dichiarano di appartenere alle prime fasce, e quindi una diminuzione delle risorse da distribuire agli studenti che realmente ne hanno bisogno”. ”Anche qui, come in altri settori in cui si utilizza come parametro l’Isee, i figli degli operai alla catena di montaggio pagano di più dei figli dei gioiellieri” conclude il presidente della Federconsumatori, Rosario Trefiletti.