Afghanistan, il ritiro si avvicina e i Talebani danno i colpi più duri

Pubblicato il 25 Marzo 2012 - 11:05 OLTRE 6 MESI FA

KABUL – L’attacco alla postazione Ice e la morte del sergente Michele Silvestri fanno capire che gli ultimi due anni della missione Nato in Afghanistan saranno “i più duri e pericolosi dall’inizio dell’intervento”: lo sottolinea Maurizio Molinari sulla Stampa.

In vista della fine della missione entro il 2014, entro settembre il Pentagono ridurrà di 33mila unità le proprie truppe, e la maggior parte dei restanti 68mila rientreranno a casa entro la metà del 2013, quindi in un anno.

I talebani, sottolinea Molinari, percepiscono “le avvisaglie di un successo” perché, a più di undici anni dall’inizio dell’intervento Nato in risposta agli attacchi dell’11 settembre, il nemico sta ripiegando.

Nonostante nell’ultimo anno sia aumentato il numero di Talebani uccisi o catturati, i dati sugli interrogatori rivelano che i combattenti afghani pensano di star vincendo il conflitto. Per questo continuano ad attaccare.

I Talebani più aggressivi, poi, sottolinea Molinari, vogliono dimostrare l’incapacità del governo di Kabul di garantire la sicurezza, per delegittimarlo e poi rovesciarlo. Per queso anche gli obiettivi degli attacchi si fanno sempre più alti.

E dal momento che la Nato ha già deciso il ritiro, ai Talebani resta un preciso lasso di tempo per uccidere il maggior numero di soldati e raggiungere l’obiettivo dinale di rovesciare il presidente Hamid Karzai. Proprio l’obiettivo opposto della Nato, che cerca di rafforzarne potere e credibilità, oltre che la capacità di mantenere la sicurezza interna.

Ma Washington e Kabul non sono ancora riusciti a firmare l’accordo che prevede la creazione di basi Usa permanenti. I negoziati sono in balia delle condizioni imposte dai mediatori talebani, che hanno abbandonato i colloqui dopo a strage di civili a Kandahar da parte del soldato americano Robert Bales. 

Il generale dei Marines John Allen ha però già avvertito: se gli Usa vogliono assicurare la stabilità della transizione devono lasciare sul terreno “una grande quantità di forze”. Ben oltre il 2014.