Cigno Verde è apparso in Australia: i soldi ammazzati dal clima

Cigno Verde è apparso anche in Australia: i soldi ammazzati dal clima
Cigno Verde è apparso in Australia: i soldi ammazzati dal clima (nella foto Ansa, gli incendi che hanno devastato l’Australia)

ROMA – Bollato come Cassandra, ne aveva parlato già nel 2015 Mark Carney, allora governatore uscente della Banca d’Inghilterra, suscitando reazioni simili a quella avuta da Donald Trump a Davos di fronte a Greta Thunberg. Parlava, Carney, del Cigno Verde, di quell’evento imprevedibile figlio dei cambiamenti climatici che avrebbe messo in crisi l’economia mondiale.

Cinque anni fa i Lloyds come la City di Londra ignorarono l’allarme. Oggi, solo in Australia, le compagnie di assicurazione si stima che dovranno pagare oltre 500 milioni di euro per risarcire i danni degli incendi di queste settimane. In origine furono i romani a parlare del cigno, allora nero, per indicare un evento rarissimo ed imprevedibile o una persona dalle caratteristiche fuori comune.

I romani non sapevano esistessero cigni di quel colore. Un paio di millenni più tardi, nel 2007, di fronte alla crisi dei mutui subprime americani, il concetto fu applicato, da Nassim Nicholas Taleb, all’economia. Da allora in questo campo la formula ‘Cigno Nero’ indica un evento assolutamente imprevedibile, spiegabile solo dopo che si è manifestato, e foriero di conseguenze letteralmente inimmaginabili.

Se il nero è il colore della sfortuna e comunque dei momenti peggiori dell’economia – arcinoti sono il martedì e il giovedì nero del 1929, quando la borsa americana diede il via ad una delle più grandi crisi finanziarie di sempre -, il verde è invece quello dell’ambiente. E il Cigno Verde, oltre al colore, differisce dal nero perché, a differenza di questo, già conosce la natura dell’evento imprevedibile che metterà in crisi le nostre economie: il cambiamento climatico.

L’allarme arriva ora dalla Banca dei regolamenti internazionali, l’istituzione regolatoria di supporto per le banche centrali mondiali e per il Financial Stability Board che, in un rapporto appena pubblicato dal titolo, appunto, “Cigno verde. Cambiamenti climatici e stabilità del sistema finanziario: quale ruolo per banche centrali, regolatori e supervisori”, vede profilarsi all’orizzonte il temibile pennuto.

“Le banche centrali possono essere trascinate inevitabilmente in acque inesplorate – dice il rapporto – Se restano ferme e aspettano che altre autorità governative si muovano, possono essere esposte al rischio di non essere più in grado di raggiungere l’obiettivo di assicurare la stabilità finanziaria e dei prezzi. E possono essere forzate a intervenire come salvatori di ultima istanza del clima ed essere costrette ad acquistare su grande scala asset svalutati – ancora incentrati sulle emissioni di carbonio ad esempio – per salvare il sistema finanziario e anche oltre”.

In altre parole, di fronte alla sostanziale immobilità della politica, le istituzioni finanziarie rischiano di pagare a caro a prezzo il cambiamento climatico se non prenderanno provvedimenti per tempo. E l’esempio dei risarcimenti da pagare agli australiani è solo l’ultimo esempio in ordine di tempo. I cigni verdi hanno poi la peculiarità di essere molto più pericolosi di quelli neri perché, in primis, si ha la ragionevole certezza che alcune combinazioni di rischi naturali e connessi alla transizione energetica si materializzeranno, e questo comporterà la necessità di un’azione per contrastarli nonostante l’incertezza sul quando si verificheranno.

Secondo, poi le catastrofi naturali sono più pericolose delle crisi sistemiche, perché possono porre una seria minaccia per l’umanità. Infine perché la complessità di una crisi generata dai cambiamenti climatici è molto più elevata, con un articolato sistema di reazioni a catena ed effetti a cascata associati che possono “generare dinamiche ambientali, geopolitiche, sociali ed economiche fondamentalmente imprevedibili”.

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