Egitto, la folla non molla: un morto negli scontri. Il governo: “Dialogo solo alla fine delle proteste”

Pubblicato il 2 Febbraio 2011 - 15:06 OLTRE 6 MESI FA

IL CAIRO – La notte cala sulla piazza e i manifestanti sono sempre lì, inneggiano alla caduta del regime, non mollano. Anche dopo un giornata di violenze nella quale migliaia di sostenitori del rais Hosni Mubarak hanno affrontato i manifestanti anti-regime provocando la morte di tre persone e il ferimento di oltre 600 persone.

Anche dopo l’ennesimo invito a lasciare piazza Tahrir, lanciato dal vicepresidente Omar Suleiman, condizione indispensabile – ha detto – per far partire la transizione politica.

Lontanissima l’atmosfera e le scene festose della piazza e del centro del Cairo quando, solo martedì, sono stati ‘invasi’ da due milioni di manifestanti. Sassaiole, seguite da un fitto lancio di bottiglie molotov, alcune piovute anche nel cortile del museo egizio, la cui delicata antichità non è fatta per resistere alla guerriglia urbana. I manifestanti pro Mubarak, che dalla mattina si sono portati attorno alla piazza, hanno anche tentato di caricare i manifestanti contro il rais con cavalli e perfino cammelli.

L’esercito non si è schierato. In mattinata aveva fatto diffondere un messaggio sulle televisione di stato nel quale chiedeva ai manifestanti di ritornare alle proprie case e alla vita di tutti i giorni, perché le loro richieste erano state comprese e rimaneva il rischio per la sicurezza della città. Ma i manifestanti, in piazza da sabato scorso, non hanno ascoltato l’invito e sono rimasti mentre le opposizioni si riunivano per fare il punto dopo il discorso di Hosni Mubarak e l’intevento, due ore dopo, del presidente Usa Barack Obama.

In serata il vicepresidente Suleiman ha avvertito che il ”dialogo con le forze politiche dipende dalla fine delle proteste”. Anche se il presidente egiziano ha detto che non si ripresenterà alle prossime elezioni e che avvierà la riforma costituzionale per mettere in gioco anche altri candidati, le opposizioni hanno ritenuto l’annuncio insufficiente per sedersi al tavolo del confronto ed hanno annunciato che l’intifada prosegue. Sempre in mattinata, prima che nella piazza si vedessero scene da guerra civile, erano venuti segnali di un timido ritorno alla normalità con la ripresa, anche, dei collegamenti a internet.

Il coprifuoco è stato ridotto di due ore ed è stata annunciata la riapertura delle banche a partire da domenica, consentendo alle gente di ritirare stipendi e contanti dopo giorni di casse chiuse. Segnali anche dalla politica quando il presidente dell’assemblea del popolo, Mohamed Fathi Sorour, ha annunciato che le sedute parlamentari sono sospese fino a quando non saranno valutati i ricorsi per irregolarità nelle ultime elezioni legislative a novembre.

Ma che l’aria nella piazza cominciasse a cambiare lo si è capito non appena si sono presentati i manifestanti pro Mubarak, arrivando a confrontarsi fisicamente con gli anti rais prima in risse sporadiche e poi in veri e propri tumulti. Fra i manifestanti della piazza girava già da mercoledì mattina la voce insistente che dietro i manifestanti per il rais ci fossero agenti in borghese e supporter ”prezzolati”, che stavano provocando la piazza per creare scontri.

Circostanza smentita dal ministero dell’Interno, ma che introduce un nuovo elemento di preoccupazione insieme alle intimidazioni anche fisiche contro i giornalisti stranieri. La casa Bianca ha chiesto la fine immediata di ”ogni violenza istigata dal governo”, ed ha reso più urgente la richiesta di avviare la transizione immediata, definendola, dopo le violenze di oggi, ”imperativa”. Ma in giornata era già arrivato uno stop dal ministero degli Esteri egiziano, secondo il quale questi richiami dall’esterno servono solo ”ad infiammare la situazione interna”.

Le reazioni. Gli Stati Uniti sono preoccupati per l’evolversi della situazione in Egitto. Lo ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley. In un messaggio su Twitter, Crowley ha precisato che il ministero degli Esteri Usa è preoccupato ”per gli arresti e gli attacchi ai media”. In particolare il Dipartimento di Stato Usa ha chiesto di evitare le violenze e fare in modo che sia pacifica la via per i cambiamenti democratici.  n un messaggio Twitter, il portavoce del segretario di Stato Hillary Clinton, Philip Crowley scrive: ”Ancora una volta chiediamo a tutte le parti in Egitto di frenare e di evitare le violenze. Il cammino dell’Egitto verso il cambio democratico deve essere pacifico”.

La Casa Bianca ha ”condannato” ufficialmente la violenza contro i ”pacifici manifestanti” di piazza Tahrir.

Gli attacchi contro i manifestanti pacifici al Cairo sono ”inaccettabili”: lo ha detto il segretario generale dell‘Onu Ban Ki-moon incontrando a Londra il primo ministro britannico David Cameron a Downing Street. ”E’ una situazione inaccettabile. Ogni attacco contro manifestanti pacifici è inaccettabile e io li condanno con forza”, ha detto Ban. Il capo dell’Onu ha aggiunto che le Nazioni Unite sono pronte a offrire assistenza agli sforzi di riforma dell’Egitto e di altri paesi arabi che riflettano la volontà popolare. ”Dovrebbero ascoltare più attentamente i sinceri desideri dei loro popoli”, ha detto il segretario generale.

Per il ministro degli esteri italiano Franco Frattini, la situazione in Egitto potrebbe essere oggetto di una risoluzione comune dei capi di Stato e di Governo al vertice Ue di dopodomani a Bruxelles. Frattini lo ha spiegato confermando che la crisi egiziana, come quella tunisina, sarà ”materia” del Consiglio europeo.

[gmap]