Ricercata per terrorismo la figlia di Saddam Hussein

Pubblicato il 6 Aprile 2010 - 12:25 OLTRE 6 MESI FA

La mano di Al Qaeda, presunta autrice della nuova ondata di attentati suicidi in Iraq, sarebbe diretta dai quadri in esilio del deposto regime iracheno, tra cui una delle figlie dello stesso defunto presidente Saddam Hussein. E’ la ricostruzione che emerge dalle ultime indicazioni fornite dal governo uscente di Baghdad all’indomani dei tre attacchi compiuti nella capitale contro le ambasciate che hanno causato la morte di oltre 40 persone. Raghad Saddam Hussein al Majid (43), dal 2003 rifugiatasi in Giordania assieme alle figlie e alla sorella, è da lunedì inserita nella lista dei ricercati dall’Interpol, con l’accusa di “crimini contro la vita e terrorismo”.

Sul sito dell’organizzazione di polizia internazionale si precisa che la richiesta d’inserimento di Raghda Saddam nella lista nera è venuta dall’attuale governo iracheno, che accusa la primogenita del deposto rais di aver partecipato all’organizzazione della catena di attentati compiuti a Baghdad da agosto 2009 e nei quali sono morti centinaia di civili.

Lo stesso governo iracheno del premier sciita Nuri al Maliki, uscito sconfitto alle recenti elezioni di marzo scorso per un solo seggio di fronte alla lista laico-sunnita di Iyyad Allawii, è quello che continua da mesi a indicare in Al Qaeda la matrice degli attacchi. Anche domenica il ministro degli Esteri Hoshiyar Zebari non ha avuto dubbi nel puntare il dito contro i qaedisti, autori – secondo lui e secondo i responsabili della sicurezza della capitale – dei tre attentati compiuti contro le ambasciate tedesca e iraniana e contro il consolato egiziano. Nei diversi ma ravvicinati attacchi 41 persone sono state uccise e oltre 200 sono rimaste ferite, mentre nessun diplomatico è risultato tra le vittime.

Citando fonti ufficiali giordane, da Amman i media hanno confermato ieri di esser stati informati dall’Interpol della richiesta di arresto nei confronti di Raghda Saddam, ma esperti locali di diritto internazionale dubitano che il regno hascemita possa accordare l’estradazione della figlia dell’ex presidente iracheno, perché «la sua è una causa con molte implicazioni politiche».