Siria, spose bambine vendute per 2000 euro a ricchi arabi

Pubblicato il 28 Novembre 2012 - 11:21 OLTRE 6 MESI FA
Siria, spose bambine vendute per 2000 euro a ricchi arabi (Foto LaPresse)

ROMA – Una sposa bambina siriana costa tra i 1000 e i 2000 euro al ricco arabo che vuole comprarla. Il Corriere della sera racconta la storia delle “spose a basso prezzo“, bimbe vendute dalle famiglie che versano in condizioni economiche disperate nei campi profughi, dove si rifugiano dopo essere sfuggiti dagli orrori della guerra.

Il Corriere della Sera scrive:

“Tanti tassisti di Amman ormai si sono industriati. Attendono i ricchi sauditi e dei Paesi del Golfo all’aeroporto o di fronte agli hotel a cinque stelle. Basta poco per capire cosa vogliono. «Le donne siriane piacciono nel mondo arabo. Sono chiare di pelle in un parte del globo dove il sole abbronza e invecchia troppo in fretta, alte, gli occhi grandi», raccontano gli attivisti locali per la difesa dei diritti umani a Cassandra Clifford, nota militante americana per le garanzie dei più deboli e fondatrice dell’organizzazione umanitaria «Bridge to Freedom Foundation»”.

Un vero “affare” le spose bambine: ragazzine tra i 15 ed i 16 anni vendute dalle famiglie ad un prezzo tra i 1000 e i 2000 euro:

“Una quisquilia, noccioline per gli uomini d’affari del Golfo. Sono abituati a spendere ben di più. Una notte in compagnia di prostitute ucraine in un albergo a Dubai può costare anche il doppio”.

E se la famiglia rifiuta di vendere la propria figlia, il prezzo può salire anche a 4.500 euro. Il fenomeno ora sta assumendo dimensioni dilaganti, anche sul web:

“Le Nazioni Unite denunciano che il mercato delle spose siriane si sta allargando sulla rete. I siti specializzati arabi sono prodighi di offerte e dettagli. Ma c’è anche chi si oppone. «Solo perché abbiamo perso le nostre case questi pensano che possano prendersi le nostre donne. Ma si sbagliano di grosso», dice combattivo Ibrahim Naimi, 42 anni, proprietario di un piccolo caffè nella città di Tende.

Ancora più decisi a contrastare il fenomeno sono i profughi in Turchia. «Qui non siamo come in Giordania. I campi profughi sono sorvegliati dalla polizia turca e da nostre sentinelle locali. I papponi non possono entrare. Guai a loro!», dice al Corriere , Nahel Gadri, attivista rivoluzionario di Eriha sfollato nella città turca di Latakia”.