Erzelli, il “Ponte sullo Stretto” di Genova. E i fondi per l’high-tech finiscono ai panifici

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Settembre 2014 - 07:01 OLTRE 6 MESI FA
Erzelli, il "Ponte sullo Stretto" di Genova. E i fondi per l'high-tech finiscono ai panifici

La collina degli Erzelli

GENOVA  – Il progetto Erzelli è una sorta di Ponte sullo Stretto in salsa genovese. L’idea della costruzione di un polo scientifico e tecnologico sulla collina di Erzelli, fra Sestri Ponente, Cornigliano e Borzoli, risale alla fine degli anni 80. La nascita della Genova High Tech, società che aveva come scopo proprio la finalizzazione del progetto Erzelli, è roba di inizio 2000.

Ma i lavori, iniziati ad aprile 2009, non si riescono a concludere, stante l’opposizione dell’Università di Genova e di una non trascurabile fetta di genovesi. Mettici che, oltre ai veti incrociati, viene fuori un altro classico italiano che è quello dell’inchiesta sulle immancabili irregolarità, e ottieni un simbolo del declino della “Superba”.

Il risultato è che il progetto lo hanno preso in mano i “milanesi”, facenti capo a Leonardo Technology, mettendo i genovesi ai margini. Così il presidente di Genova High Tech, Carlo Castellano, non è più presidente della società. Scrive Daniele Grillo sul Secolo XIX:

“ANIMA e ideatore del progetto fin dagli esordi, presidente da quando iniziò l’avventura del parco scientifico e tecnologico, da qualche giorno Carlo Castellano non è più presidente di Genova High Tech, la società di scopo del progetto Erzelli. Il nuovo consiglio di amministrazione, che già aveva gelato le ambizioni dei piccoli azionisti (che tifavano per una riconferma di Castellano e per la nomina ad amministratore delegato del costruttore Davide Viziano) occupando tutti i posti a disposizione del principale azionista, Leonardo Technology (67% delle quote), ha scelto come nuovo presidente una figura di “garanzia”, individuata nel commercialista Giorgio Loli, mentre operativamente al timone della società si è insediato Luigi Predeval, milanese ex Unilever ma soprattutto uomo vicino alla famiglia Moratti.

I “genovesi” rimangono ancora nel cda della società con Castellano (che in Ght è personalmente titolare dell’11% delle azioni), ma sono stati di fatto messi ai margini quando più si riteneva probabile un ritiro dei lombardi dal business (per ora rivelatosi un sostanziale flop) del parco scientifico e tecnologico. E invece no, la cordata di imprenditori riunitisi qualche anno fa in Leonardo Technology sotto la spinta dell’ex collaboratore di Romano Prodi, Giuseppe Rasero, non lasciano. Anzi, prendono il controllo in maniera quasi “bulgara”.

Con quale scopo? Si vocifera che il primo atto sarà quello di intentare una causa milionaria nei confronti dell’Università di Genova per il sostanziale rifiuto a trasferire la sede della Scuola politecnica sull’altopiano. Per poi far ridecollare l’operazione, in qualche modo. E con altri soggetti.

[…] Nelle intenzioni di Castellano c’era quella di chiudere la trattativa con l’Università per il trasferimento dell’area sulla quale dovrà sorgere Ingegneria, dopo l’ultimo pronunciamento (fortemente “condizionato”, tanto da apparire quasi impossibile chiudere la trattativa) dell’Ateneo. Tra le altre azioni prospettate in sede di bilancio dall’ormai ex presidente, la prospettiva di un aumento di capitale da 20 milioni di euro e la cessione dei due edifici oggi occupati da Ericsson e Siemens. Carta straccia, dal momento che la governance della società è a questo punto completamente mutata.

Sulle intenzioni del nuovo cda, oggi, è prematuro esprimersi, dal momento che l’avvicendamento risale alla settimana scorsa. L’unica cosa certa è l’affidamento di un approfondimento legale sulla pratica Università, facente leva sull’operazione di progressivo “smontaggio” dell’accordo iniziale, il quale prevedeva la costruzione di aule e laboratori con la formula dell’ “acquisto di cosa futura”, una sorta di leasing con riscatto a distanza di qualche anno. Invece, alla fine, la contro proposta dell’Università propose una soluzione a dir poco al ribasso: 8 milioni di euro per l’acquisto dell’area a fronte di un’aspettativa di 25-27. E poi progetto da acquisire gratuitamente e la richiesta di non pagare un centesimo degli oneri di urbanizzazione previsti. Un’operazione ai limiti della fattibilità, che comunque il vecchio cda avrebbe voluto portare avanti.

Di diverso avviso i “milanesi” di Leonardo Technology, che parrebbero intenzionati a dissotterrare l’ascia di guerra e a tentare di ricavare il ricavabile, tramite causa, di un’operazione considerata ormai morta e sepolta. Che difficilmente l’ex Ingegneria si trasferirà lo testimonia anche il disinnamoramento della Regione, che sta già meditando di trasferire altrove i fondi Fas (25 milioni) e sta tentando di salvare anche i 15 milioni messi al servizio dell’operazione da Invitalia per la costruzione dei laboratori.

Dove la Regione Liguria dirotti i fondi Fas lo spiega lo stesso Secolo XIX. Soldi che dovevano essere destinati all’innovazione tecnologica finiscono in panifici e lavanderie, con distribuzione “a pioggia”:

“Dai megasoftware di Ericsson al sito internet del minipanificio, il passo può essere molto breve. Quel che è certo è che la Regione Liguria sembra aver iniziato a “smobilitare” attenzioni e risorse dal progetto Erzelli. Prova ne sia la scelta dell’ente, deliberata un paio di mesi fa, di sottrarre ben 8,4 degli 11 milioni di co-finanziamento (il resto dei 41,5 milioni previsti è a carico dei ministeri coinvolti) promessi per il trasferimento di Ericsson sulla collina dell’high tech. Per destinarli a cosa?

A rimpinguare la cassa del bando 2012 per l’Innovazione, operazione che consentirà di soddisfare le richieste di più imprese rispetto a quelle inizialmente ammesse. Aziende molto diverse da Ericsson, perché sono tutte piccole o medio-piccole. La Regione ne aiuterà tra le 120 e le 150 in più, rispetto alle 629 già finanziate. Niente “banda larga” né ricerca di serie A, però. Le imprese che beneficeranno di questi finanziamenti (a fondo perduto) appartengono a tipologie commerciali o industriali assai comuni, e la quantità di “innovazione” richiesta prevede la semplice volontà di operare migliorie all’attività di tutti i giorni.

E così i soldi di Ericsson finiranno per esempio a un pastificio per acquistare un nuovo macchinario per confezionare i ravioli, a un’impresa edile per rottamare la vecchia ruspa, a una tintoria per aggiungere una lavatrice a quelle già in servizio”.