Italia-Vaticano: accordo fiscale. Finisce schermo, tutto in chiaro dal 2009

Italia-Vaticano: accordo fiscale. Finisce schermo, tutto in chiaro dal 2009
Italia-Vaticano: accordo fiscale. Finisce schermo, tutto in chiaro dal 2009

ROMA – Italia-Vaticano: accordo fiscale. Finisce schermo, tutto in chiaro dal 2009.  Fine del segreto bancario, scambio di informazioni che, retroattivamente, può arrivare fino al 1 gennaio 2009: la Santa Sede apre le porte al fisco italiano. La parola chiave è ”trasparenza” e riguarda i fondi presenti nello Stato della Città del Vaticano e depositati dai cittadini italiani, in particolare lo Ior.

La Convenzione fiscale tra i due stati – la prima di questo genere per la Santa Sede – è stata firmata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e dal segretario per i rapporti con gli Stati, Richard Gallagher, in pratica il ministro degli esteri del Papa. Ora i due Paesi si scambieranno informazioni sui contribuenti, ma anche sui cittadini italiani con pensioni o stipendi vaticani.

Rientro capitali. E sarà possibile anche nella Santa Sede, così come in Svizzera e a Montecarlo, regolarizzare capitali non dichiarati in base alla “voluntary disclosure”. Per il ministero dell’Economia la convenzione è la chiusura del cerchio che consente di dare piena efficacia all’operazione ”rimpatrio capitali”. Prima l’accordo con la Svizzera, poi con il Liechtenstein, quindi con il Principato di Monaco e ora con la Santa Sede consentiranno al fisco italiano di fare il pieno di incassi.

Si attendono tra i 5 e i 6 miliardi, dei quali solo una piccolissima parte dalla Santa Sede visto che negli ultimi anni è stata fatta pulizia dei conti dei privati depositati presso lo Ior. Anche il Vaticano avrà qualche vantaggio pratico: viene ribadita l’esenzione da ogni imposta per gli immobili di culto.

Imu e Tari. Non cambierebbero le norme introdotte recentemente con l’Imu sulla Chiesa, per alberghi e scuola. Ma si chiarisce che sui luoghi di culto non si applicherà la tassa sui rifiuti (ora si chiama Tari). Sul punto c’era stata qualche difficoltà di interpretazione giurisprudenziale, che viene chiarita: non essendo una tariffa bensì una tassa non si applica sui beni esentati dai Trattati Lateranensi.

Finisce lo schermo, tutto in chiaro dal 2009. La vera cifra dell’accordo non è però economica. La firma segna soprattutto un ulteriore passo del Vaticano verso standard finanziari internazionali, che contro evasori e riciclaggio chiedono sempre più trasparenza. ”L’Italia – ha evidenziato il Ministro dell’Economia italiano – è il primo Paese con cui il Vaticano fa un accordo di questo genere. E’ un passo avanti importante”. Il Vaticano, che in campo finanziario si era adeguato alle normative anti-corruzione e al pressing di Banca d’Italia con l’istituzione della Autorità di Informazione Finanziaria (Aif), ora adotta per il fisco gli standard Ocse per lo scambio di informazioni. E lo fa in modo retroattivo, a partire dai dati del 1 gennaio 2009.

I depositi dello Ior. Ovviamente il faro è puntato sulle ”attività finanziarie” detenute presso lo Ior. La stessa banca vaticana è comunque intervenuta per far sapere di ”accogliere con favore” l’intesa che da ”chiarezza e certezza ai propri clienti”: ”lo Ior sosterrà i suoi clienti affinché il nuovo quadro normativo venga interamente adottato nel corso dei prossimi mesi”. In campo fiscale il ministero dell’Economia ha anche ridefinito le ”black list” fiscali. Le regole sono cambiate con l’ultima legge di stabilità e nella lista valida ai fini della ”indeducibilità dei costi” per le transazioni estere sono usciti 21 Paesi, che attuano lo scambio di informazione Ocse. Tra loro Singapore, Emirati Arabi e Filippine. Rimangono invece Svizzera e Liechtenstein.

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