Job act, Matteo Renzi. Sussidi, contratti, manager Pa: piano ambizioso ma vago

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Gennaio 2014 - 12:14 OLTRE 6 MESI FA
Job act di Matteo Renzi. Sussidi, contratti, manager Pa: piano ambizioso ma vago

Job act di Matteo Renzi. Sussidi, contratti, manager Pa: piano ambizioso ma vago

ROMA – Job act di Matteo Renzi. Sussidio, contratti, manager Pa: piano ambizioso e vago. Il piano di immediato contrasto alla disoccupazione di Matteo Renzi, il “Job act”, ha il merito di spostare il dibattito sui veri contenuti dell’azione politica rispetto alle, finora, sterili schermaglie sulla legge elettorale. E’ quanto concede Elisabetta Gualmini, Professore ordinario di Scienza Politica a Bologna ed editorialista de La Stampa, che loda peraltro la capacità del segretario del Pd di sintonizzare la proposta con l’orologio politico del Paese (l’annuncio coincide con gli ultimi disastrosi dati sulla disoccupazione).

Tuttavia, sia nel dettaglio delle singole proposte sia nell’architettura complessiva del programma, rileva una serie di ripetizioni di provvedimenti già esistenti, vaghezza per quanto riguarda la fattibilità di un percorso che mai incontra, “nemmeno per sbaglio” quello del Governo in carica. Con la complicazione non da poco di avere in sostanza, due agende di Governo, di cui una, quella di Renzi, zavorra la prima congestionata com’è da mille interventi, mentre, suggerisce Gualmini avremmo sperato in “pochi obiettivi, maledetti e subito”.

Contratti e articolo 18. Nel piano viene riproposto il contratto unico a tutele progressive, un’idea elaborata nel 2009 (Boeri e Garibaldi) e già presentato alla Camera e al Senato: in pratica si vuole disboscare con un taglio  netto la jungla contrattuale (40 fattispecie): ma quelle utilizzate sono molto meno, senza considerare che l’abolizione dell’articolo 18 nei primi tre anni non sarà affatto indolore dal punto di vista politico-ideologico. Soprattutto, non si abolisce la precarietà con un tratto di penna, dice Gualmini:

Come quando dopo una battaglia all’ultimo sangue nella campagna elettorale del 2006 condotta da Rifondazione Comunista e dalla Cgil sull’abolizione della legge Biagi, si abrogò il lavoro a chiamata per poi ripristinarlo negli anni successivi… perché nelle attività stagionali serve! (Elisabetta Gualmini, La Stampa)

Sussidio universale. Premesso che la crisi cronica del lavoro rende poco attrattivo il collegamento tra sussidio e disponibilità ad accettare offerte lavorative o formative (non funziona perché il mercato del lavoro non tira), la novità non c’è perché è già materia di legge. Piuttosto, se l’introduzione di un sussidio universale è considerata cosa buona e giusta da molti, bisognerebbe, questa la critica, definire meglio l’intervento. Non è il reddito minimo garantito di Grillo, non è il sostegno per l’inclusione attiva del ministro del Lavoro Giovannini: allora cos’è? Perché, se si tratta di una forma di reddito di inserimento è stato già introdotto dal Governo Prodi e poi lasciato all’arbitrio dei Comuni.

“Basta tempo indeterminato per i dirigenti pubblici”. Necessario e anche suggestivo: peccato che il tempo indeterminato sia stato abolito da vent’anni. Cosa si propone allora il piano? Difficile sbilanciarsi.

O si vuole estendere ancora di più la figura dei dirigenti «con contratto a tempo determinato», assunti su base fiduciaria, senza concorso (lo spoils system)? O addirittura significa togliere la qualifica dirigenziale (oltre che l’indennità) ai dipendenti pubblici a cui non viene rinnovato l’incarico apicale? Di cosa si sta parlando? (Elisabetta Gualmini, La Stampa)