Negozi chiusi la domenica: a rischio 400mila posti di lavoro. Le associazioni dei commercianti si dividono Negozi chiusi la domenica: a rischio 400mila posti di lavoro. Le associazioni dei commercianti si dividono

Negozi chiusi la domenica: a rischio 400mila posti di lavoro. Le associazioni dei commercianti si dividono

Negozi chiusi la domenica: a rischio 400mila posti di lavoro. Le associazioni dei commercianti si dividono
Negozi chiusi la domenica: a rischio 400mila posti di lavoro. Le associazioni dei commercianti si dividono

ROMA – Se la proposta del governo di reintrodurre la chiusura dei negozi nei giorni festivi dovesse diventare legge, “alle imprese non resterebbe che licenziare”. [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play]  E’ l’allarme lanciato da Mario Resca, presidente di Confimprese, l’associazione dei negozi in franchising, secondo il quale l’intero comparto del commercio perderebbe così 400 mila posti di lavoro e il 10% di fatturato.

“Significherebbe perdere il 15% della forza lavoro – sottolinea Resca – in un Paese che ha un tasso di disoccupazione dell’11%”. Di diverso avviso è invece la Confesercenti, secondo la quale sarebbe giusto porre un freno alle liberalizzazioni, introdotte nel 2011 col decreto salva-Italia dall’allora governo Monti. Per Confesercenti la norma ha comportato un sostanziale favore alla grande distribuzione a sfavore dei piccoli esercenti.

“Le liberalizzazioni delle aperture delle attività commerciali, introdotte dal governo Monti a partire dal gennaio 2012 – si legge in una nota – sono state varate senza alcun rispetto delle disposizioni contenute nello Statuto delle Imprese. Alla luce delle proposte avanzate in Parlamento dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega, ora riprendiamo il confronto per fare una valutazione obiettiva dell’impatto che le nuove leggi hanno avuto sulle imprese e sui lavoratori”.

Con Di Maio si è schierata anche la Coop, che chiede al governo di rivedere la normativa perché bisogna trovare “un nuovo equilibrio tra le esigenze dei consumatori e quelle dei lavoratori”. La richiesta arriva da Stefano Bassi, il presidente di Ancc-Coop (l’associazione nazionale delle cooperative di consumatori), che aggiunge: “Condividiamo quanto già proposto dal vice presidente Luigi Di Maio”. Ed anche Confcommercio si esprime a favore di una regolamentazione ma “minima” delle aperture anche perché: “La deregolamentazione totale degli ultimi anni non ha prodotto particolari effetti sui consumi e sull’occupazione, né ha incrementato la concorrenzialità del settore”.

Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, al fianco di Bassi intanto chiarisce: “Noi viriamo sempre verso l’interesse di consumatori e lavoratori”. E sottolinea che, per esempio, la flat tax non trova il suo favore. Ma “lavoriamo con tutte le istituzioni, abbiamo lavorato con il centro sinistra, lavoreremo anche con questo Governo”.

La rotta da seguire per i cooperatori è quella tracciata dalla norma del M5s rimasta ferma nella scorsa legislatura al Senato che prevedeva 12 giorni di chiusura, con un meccanismo di flessibilità su 6 per l’esercente.

Problematica sarebbe invece, per Confesercenti, la decisione su quali siano le città turistiche che potranno tenere aperti i negozi. “L’Italia è un museo a cielo aperto – spiega Resca – detiene il record mondiale di siti Unesco, è meta di turismo culturale, enogastronomico e di business. Il turismo gode di ottima salute, ma i turisti arriveranno nelle nostre città e troveranno i negozi serrati. Quali sono i criteri – chiede Resca – per stabilire le città a vocazione turistica? Gli acquisti non sono di necessità ma di impulso, la gente consuma se ne ha l’opportunità, ma se i negozi sono chiusi rinuncia e non compra”.

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