Smart working è una scelta, non una concessione, secondo una ricerca del sindacato FIOM con tre Università

Smart working è una scelta, non una concessione, secondo una ricerca del sindacato FIOM con le Università di Milano, Reggio Emilia e Modena. Proroga al 30 giugno

di Enrico Pirondini
Pubblicato il 19 Febbraio 2023 - 09:23 OLTRE 6 MESI FA
smart working

Lavoratrice in smart working

Smart working: una scelta, non una concessione. Lo sostiene una corposa ricerca della FIOM e di due Università:  Milano e Unimore, l’Ateneo di Modena e Reggio Emilia. Un lavoro unico nel suo genere.

Da prenderecon le molle, visto che lo studio è ispirato da un sindacato dei più duri e puri: difficile capire come si possa lavorare da casa a una linea di montaggio.

L‘argomento è di stretta attualità visto che il cosiddetto “lavoro agile” è stato prorogato fino al 30 giugno per i fragili. Proroga estesa nel privato anche per i genitori degli Under 14. È quanto ha previsto un emendamento al Milleproroghe presentato dal PD a prima firma di Antonio Nicita e approvato all’unanimità nelle commissioni Bilancio e Affari Costituzionali del Senato. Via libera all’unanimità delle Commissioni anche ad un altro emendamento che raccoglie proposte sia di maggioranza che di opposizione che proroga dal 31 marzo al 30 giugno 2023 la possibilità per i lavoratori fragili – dipendenti pubblici e privati – della possibilità di lavorare in smart working essendo adibiti ad altre mansioni e a retribuzione piena.

LE SFIDE DELL’OCCUPAZIONE

Rientra in questo ambito la ricerca dell’ufficio studi della Camera del Lavoro di Reggio Emilia e delle università di Milano, Reggio Emilia e Modena. La ricerca è stata compiuta attraverso quattro domande che hanno coinvolto 3.000 lavoratori di 22 aziende metalmeccaniche operanti nell’area emiliana. L’attività di inchiesta e raccolta è avvenuta tra la primavera del 2021 e la primavera del 2022. Primo dato che balza all’occhio: il 40% della forza lavoro interpellata, lavorava da remoto ( il 58% due giorni alla settimana, il 33% una ) mentre in periodo pre- pandemico solo il 4% degli intervistati lavorava in smart working.

IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA

Il fatto che gli interessati hanno evidenziato come non avessero alcuna “ discrezionalità “ su come e quando scegliere il lavoro da remoto è il versante maggiormente sentito.  Il 50% ha infatti risposto di aver inciso “poco o nulla“ sull’orario di lavoro svolto. Il 70% di aver inciso “poco o nulla” sulla scelta del numero dei giorni in cui lavorare da remoto. Questo aspetto è fonte di discussioni.

NOTA POSITIVA  DELLO SMART WORKING: IL RISPARMIO

Ma c’è anche una nota positiva che emerge dalla ricerca: il 55% dei lavoratori ha avuto ed ha la percezione di risparmiare lavorando da remoto. E i maggiori centri di risparmio sono sulla energia elettrica (88% dei rispondenti), gas e riscaldamento (81%) e generi alimentari (64%).

Non si capisce come, visto che semmai il risparmio lo fa l’azienda.

In conclusione è emersa la soddisfazione degli intervistati di aver potuto lavorare in smart working e la volontà di proseguire in questa esperienza. Tuttavia, con il desiderio di farlo diventare un diritto esigibile sulla base di una contrattazione collettiva.