Ue, vittoria dell’Italia sul “Made in”: sì alla tracciabilità dei prodotti

Pubblicato il 21 Ottobre 2010 - 18:22 OLTRE 6 MESI FA

L’Italia che fa sistema in Europa vince 525 a 49. E’ il risultato del voto dell’ europarlamento che da Strasburgo ha dato il primo via libera alla proposta di regolamento sul ‘Made in’. Una volta superato lo scoglio della (dura) trattativa con Consiglio e Commissione, anche gli europei – come da anni succede ad americani, giapponesi o australiani, ma anche messicani – avranno diritto di sapere se gli pneumatici di marca cui affidano le loro vite sono stati fabbricati davvero in Germania e non da ‘schiavi’ cinesi; se le loro scarpe griffate sono state sul serio create da mastri calzolai marchigiani. O se le loro camicie di classe di italiano non hanno solo il nome sul marchio.

Il voto di oggi è stato il prima via libera. Ed è arrivato dopo sei anni di gestazione di una proposta di direttiva ‘bipartisan’ partita nel 2005 e fortemente voluta dagli italiani. Relatrice principale e motore dell’iniziativa è stata Cristiana Muscardini del Ppe (ex Pdl, ora Fli), con Gianluca Susta (Pd/S&D) e Nicolò Rinaldi (Idv/Alde) relatori-ombra. Nel ‘rush’ finale anche la Lega Nord ha dato il suo voto, in cambio del sì su un emendamento che introduce – secondo Speroni – il principio dell’indicazione dell’origine anche sul ‘prodotto semilavorato’.

Qualcosa di diverso da quanto previsto dalla legge italiana Reguzzoni-Versace sul ‘Made in Italy’ (inammissibile per la Ue, perché per mettere un’etichetta del genere vorrebbe che le lavorazioni nel Paese finale fossero almeno due), ma intanto un passo avanti verso la completa tracciabilità del prodotto fatta con etichette in cui si indicano le provenienze di tutte le fasi della lavorazione. Ad esempio: design italiano, tessuto cinese, sartoria malese…

Di soli esempi si tratta perché la direttiva tocca non solo abbigliamento e calzature, ma una quantità enorme di prodotti: dalle viti e bulloni alla rubinetteria, dai mobili alle lampade, dall’oreficeria ai prodotti ceramici, fino alla vetreria. Nella battaglia degli emendamenti, però, sono usciti i farmaci. ”Su richiesta dell’industria farmaceutica”, spiega Muscardini, che però sottolinea anche l’importanza strategica del provvedimento che a lungo termine può far rientrare parte della produzione delocalizzata: ”Fatto importante ancor più oggi che l’Europa, dopo aver puntato solo sui servizi, si rende conto che senza economia reale non ci può essere sviluppo”.