Rai senza calcio dall’anno prossimo. Senza diritti sulla Serie A, nemmeno per mandare in onda gli highlights delle partite in differita. Ma questo, dice Franco Siddi, non è colpa della Rai ma della manca regolamentazione del settore pubblico. Cioè sulla definizione di cosa è servizio pubblico essenziale e cosa no.
Rai senza calcio, Siddi: “Cosa è servizio pubblico essenziale?”
“C’è una grande polemica sul fatto che la Rai dal prossimo campionato non potrà garantire né una partita di calcio con telecronaca in italiano né la ‘Giostra dei gol’ perché la Rai non ha più i diritti.
Ma di questo non si può incolpare la Rai, serve che lo Stato definisca meglio quali sono le materie di servizio pubblico essenziale e quindi i compiti della Rai, assicurandone la copertura e fissando regole chiare sui diritti, ponendo anche delle riserve di mercato tutelato nel nome dell’interesse nazionale”.
Lo ha detto il presidente di Confindustria Radio Televisioni (Crtv), Franco Siddi, nel corso dell’audizione in commissione di Vigilanza Rai, sottolineando che “questo dimostra che quando si parla di servizio pubblico non si può pensare solo agli assetti dell’azienda pubblica ma occorre guardare al quadro di sistema”.
Siddi e gli obiettivi del servizio pubblico
E’ “fondamentale ribadire il ruolo di equilibrio e benchmark del servizio pubblico, mantenendo adeguate risorse, garantendo flessibilità organizzativa e di gestione, chiarezza di obiettivi, funzioni e referenti, attività valutata sugli obiettivi, progettazione di medio periodo: elementi essenziali per garantire la trasformazione in media company richiesta dal contesto competitivo e mantenere la salienza dell’offerta di servizio pubblico al suo interno”.
Secondo Siddi lo Stato “dovrebbe garantire risorse certe a tv locali e media che ne hanno necessità per garantire il pluralismo, lasciando il canone interamente alla Rai e rimodulando, in maniera equilibrata per l’intero sistema, il mercato pubblicitario, come accade in Gran Bretagna e in parte in Francia e Germania”.
Siddi e la governance della Rai
Riguardo alla governance, secondo Siddi “affinché il servizio pubblico possa mantenere la propria salienza nel contesto di mercato allargato si suggerisce di valutare con attenzione la possibilità di predisporre strutture gestionali e organizzative più adatte alla conformazione in media company”.
Servono quindi “una progettualità aziendale di medio periodo, con vertici e manager con mandato più lungo che potrebbe essere portato a 5 anni”, senza “necessariamente tetti sui compensi per accedere a profili professionali competitivi sul mercato”, e con “maggiore flessibilità organizzativa e gestionale”. Inoltre serve “maggiore chiarezza di ruoli e referenti istituzionali cui rispondere, centratura su obiettivi per eliminare il ‘rumore di fondo’ che obbliga la Rai a concentrarsi su questioni quotidiane impedendole di operare secondo i propri obiettivi di offrire un servizio a tutti i cittadini, e far crescere e innovare il sistema”.
Infine la Rai deve dare sempre più “sostegno alla produzione audiovisiva” in quanto sarebbe “un esempio del ruolo di equilibrio del servizio pubblico per tutto il settore. L’attività di acquisizione o co-produzione di prodotti di alta qualità, realizzati da o con imprese che abbiano stabile rappresentanza in Italia, anche al fine di una loro valorizzazione sui mercati esteri, è competenza primaria precipua della concessionaria del servizio pubblico e finalità distintiva della stessa essenzialmente per quanto riguarda la misura e la dimensione degli investimenti e degli spazi di programmazione” e a tale scopo dovrebbe destinare “una quota ben precisa del canone”.
“Questo maggior ruolo di Rai avrebbe anche un effetto distensivo sulle relazioni tra editori televisivi e produttori, rendendo il dibattito fra le parti più focalizzato su reali questioni relative alla valorizzazione del prodotto italiano”.