Morire democristiani? Non basteranno Letta e Renzi

di Antonio Del Giudice
Pubblicato il 6 Settembre 2013 - 07:01 OLTRE 6 MESI FA

 

Morire democristiani? Non basteranno Letta e Renzi

Paolo Cirino Pomicino e Giulio Andreotti (foto Lapresse)

ROMA – Anche Paolo Cirino Pomicino, storico democristiano e inguaribile malato di politica, spera in Matteo Renzi. Non si capisce se ci crede o ci fa, ma l’ex-ministro e braccio destro di Giulio Andreotti, vede nello scatenato sindaco di Firenze l’uomo che ci farà morire democristiani. Pomicino è un raffinato ragionatore, ma questa del ritorno della Dc pare un pochino esagerata. Come dire che se vincesse Nichi Vendola tornerebbe il Pci. E’ la stessa cosa: Dc e Pci, infatti, sono rimasti seppelliti sotto il muro di Berlino più di vent’anni fa e l’unione degli eredi non ha generato un granché, se è vero come è vero che siamo ancora alle prese con Silvio Berlusconi e le sue bizze che mettono a rischio il governo di un Paese già disastrato di suo.

Ma Pomicino non è il solo a leggere nella crescita di Enrico Letta premier e Matteo Renzi rottamatore un segno della rinascita del partito cattolico. Solo un ragionamento sommario può sostenere una tesi siffatta, dal momento che di cattolico questo Paese ha sempre meno, come dimostra anche la rivoluzione in Vaticano con l’arrivo di papa Francesco, un gesuita sudamericano. Vero è che la Dc è sempre stato un partito laico, nel senso di una politica non confessionale. Ma è anche vero che il partito di De Gasperi e Moro aveva un cordone ombelicale con le gerarchie di Oltretevere, lo stesso Pci di Togliatti aveva ambasciatori all’ombra di San Pietro, e pure Berlusconi ha praticato una strumentale obbedienza alle richieste del cardinale Tarcisio Bertone e di altri prelati pratici e disinvolti.

Ecco, proprio la rivoluzione di Francesco e l’accantonamento di Bertone segnano la fine del sogno cattolico in politica. Altro sono i valori cristiani, presenti nel dibattito politico e in tutti i partiti, si può ben dire. Altro è immaginare un ritorno della Dc. Quel grande partito aveva radicamento sul territorio, attraverso parrocchie e sacrestie, parroci e ferventi capifamiglia. Oggi nelle chiese d’Italia, sempre più vuote, puoi trovare un prete messicano o indiano, raramente ne trovi uno italiano, se non vecchio o già fuori servizio. Il tempo che fu non tornerà, ma questo non vuol dire che “non moriremo democristiani”, come aveva sperato Luigi Pintor, il vecchio intellettuale del Manifesto. Se moriremo democristiani è per via del fatto che, pur non essendo più praticanti di cattolicesimo, gli italiani hanno imparato a barcamenarsi, ad arrangiarsi e ad affidarsi al Padreterno anche quando non sono per nulla convinti della sua esistenza.