De Luca risponde a Meloni, simbolo del degrado della politica, andè a lavurà contro str…a

De Luca risponde a Meloni, simbolo del degrado della politica, andè a lavurà contro str...a, il Sud si esprime al peggio

di Bruno Tucci
Pubblicato il 18 Febbraio 2024 - 11:49
De Luca risponde a Meloni, simbolo del degrado della politica, andè a lavurà contro str...a, il Sud si esprime al peggio

De Luca risponde a Meloni, simbolo del degrado della politica, andè a lavurà contro str…a, il Sud si esprime al peggio

Dimettersi? E perché mai? In fondo, Vincenzo De Luca, governatore della Campania, ha dato solo della “stronza” a Giorgia Meloni. Niente di più. Ma lei non è il presidente del Consiglio, cioè la prima donna italiana a guidare il Paese? Si, però De Luca si può giustificare dicendo che era a capo di un corteo che protestava contro l’autonomia, un danno enorme per il Mezzogiorno. Quindi, poteva avere tutto il diritto di rivolgere parole di fuoco alla premier.

Ma stronza non vuol dire dissenso, è un insulto, un linguaggio da bassifondi, un dialogare che non è dialogare. D’altronde l’uomo che governa la Campania ci ha abituati a queste nefandezze, non dobbiamo meravigliarci. Ciò che lascia perplessi è il modo di fare di una persona che rappresenta le istituzioni e dovrebbe essere fermato dal partito a cui appartiene.

Dinanzi ad un simile, sconcertante episodio il Pd tace, nemmeno una parola, un gesto che potrebbe significare un rimbrotto. Che cosa fa Eddy Schlein? Rimane a guardare e si guarda naturalmente bene dall’intervenire sperando che tutto finisca in una bolla di sapone e nello spazio di un mattino.

A sinistra l’unico a prendere la parola è Maurizio Landini, il segretario della Cgil: non sulla parolaccia di De Luca, ma sul drammatico bilancio del distrastro di Firenze: due morti e tre dispersi. Di chi è la colpa se si verifica una così grave tragedia? Del governo naturalmente “che ha cambiato le norme sul codice degli appalti”. 

Il mea culpa non lo recita nessuno in via del Nazareno. Questo non giova ad un partito che dovrebbe essere un esempio per i suoi sostenitori. C’è imbarazzo d’accordo, lo si comprende. Ma invece di intervenire e di puntare il dito contro un simile “signore della politica”, si preferisce glissare e rimandare tutto a tempi migliori. E’ chiaro che l’opinione pubblica rimane sconcertata.

Il corteo voluto e organizzato da De Luca era riuscito ad  arrivare fin sotto Palazzo Chigi ed alle proteste della piazza, ma sopratutto del governatore, il premier aveva esclamato:  “Invece che manifestare andate a lavorare”. È a questo punto che il presidente della regione Campania  ha perso la pazienza e ha chiamato “stronzo” (“anzi stronza”) la premier invitandola a governare meglio in un’Italia piena di problemi.

Purtroppo il linguaggio della politica è andato via via degradando, mai fino a insultare con una parolaccia Giorgia, anche se lei la pensa in maniera diametralmente opposta a De Luca. La realtà è che ormai il dibattito politico si è trasformato, peggiorato: chi non ritiene giuste le tue idee è un nemico, non un avversario. Il contradditorio non esiste quasi più e si preferisce una risposta colorita (eufemismo) anziché ribattere in maniera civile. 

Non ci si deve migliorare se poi la gente si allontana dalla politica e preferisce rimanersene a casa il giorno delle elezioni. Che tipo di educazione può dare un uomo delle istituzioni se egli usa un linguaggio fuori da ogni regola civile? Un vecchio e saggio proverbio ricorda che se il pesce non è buono ha un cattivo odore dalla testa. Così, se a cascata, anche nei consigli comunali o provinciali si trascende non c’è da rimanere sbalorditi.

Dunque, in via del Nazareno, la segretaria, indaffarata così com’è per i tanti problemi che assillano il suo partito, avrebbe potuto rubare un minuto al suo prezioso tempo per rivolgersi pubblicamente al governatore della Campania per fargli intendere che in questo modo crea soltanto  un imbarazzo e un danno al Pd. Senza arrivare ad una sospensione o ad un invito a dimettersi, ma almeno chiedere scusa e riconoscere di aver clamorosamente sbagliato. C’è da sperarlo?