Mo. Barack Obama offre mediazione, ma rischia di parlare a vuoto

Licinio Germini
Pubblicato il 12 Luglio 2014 - 12:30 OLTRE 6 MESI FA
Netanyahu: ''Una tregua con Hamas non è in agenda''

Netanyahu: ”Una tregua con Hamas non è in agenda”

USA, WASHINGTON – Barack Obama e’ “preoccupato per un’ulteriore escalation” del conflitto in Medio Oriente. Ha telefonato al premier israeliano Benyamin Netanyahu e – ha fatto sapere la Casa Bianca – ha “riaffermato il diritto di Israele di difendersi”. Ma ha anche sottolineato la necessita’ “di proteggere i civili e ristabilire la calma”, quindi ha affermato che gli Usa sono pronti “a facilitare una cessazione delle ostilita’”. Cioe’, a tentare una mediazione tra Israele e Hamas. Si tratta di una disponibilita’ che pero’ rischia di scontrarsi con una serie di ostacoli diplomatici non da poco.

A cominciare dal fatto che gli Stati Uniti non hanno alcun rapporto con Hamas, che considerano una organizzazione terrorista. E “la nostra politica di lunga data di non avere contatti con Hamas non e’ cambiata”, ha del resto ribadito quasi allo stesso tempo la portavoce del Consiglio di

nazionale, Caitlin Hayden. E’ allora evidente che per la sua eventuale mediazione, Washington dovra’ fare riferimento ad altri Paesi della regione, affinche’ facciano da intermediari. Nella nota della Casa Bianca si precisa che la tregua che potrebbe essere ‘facilitata’ dagli Usa potrebbe includere “un ritorno all’accordo di cessate-il-fuoco del novembre 2012”.

Quell’accordo fu raggiunto – sulla spinta dell’allora segretario di Stato Hillary Clinton – con il coinvolgimento attivo del deposto presidente egiziano e leader dei fratelli musulmani Mohamed Morsi, che aveva uno stretto rapporto con Hamas. Ora al potere al Cairo c’e’ pero’ Abdel Fatattah al Sisi, che ha spodestato Morsi e i Fratelli Musulmani, ha chiuso i tunnel segreti di Hamas tra la striscia e l’Egitto e sta facendo passare solo col contagocce feriti palestinesi attraverso il valico con Gaza, che viene aperto solo ad intermittenza.

Oltre all’Egitto, le attenzioni del Dipartimento di Stato, secondo alcune fonti, potrebbero quindi essere rivolte anche alla Turchia. I rapporti tra Israele e Turchia, un tempo ridotti al minimo, sono peraltro ultimamente migliorati, dopo le scuse di Israele ad Ankara per l’assalto del 2010 di un commando israeliano ad una nave turca che trasportava aiuti per i palestinesi, in cui rimasero uccisi otto turchi. In base ad un accordo mediato dagli Usa, Israele ha inoltre accettato di pagare delle compensazioni. Anche se il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha dato un robusto colpo di freni. “Non possiamo guardare ad un processo di normalizzazione con Israele mentre piovono le bombe sui nostri fratelli palestinesi”, ha detto.

Un’altra possibilita’ e’ rappresentata dal Qatar, il cui emiro e’ stato in visita a Gaza nel 2012. E poi c’e anche re Abdallah II di Giordania, che venerdi e’ stato a colloquio con il vice presidente americano Joe Baiden, a Washington. Ma al di la’ degli ostacoli di carattere diplomatico per trovare un intermediario credibile, gli Usa devono risolvere anche il problema di convincere le parti in conflitto. E Netanyahu ha affermato che “una tregua con Hamas non e’ in agenda”. Venerdi i leader di Hamas sono sembrati piu’ possibilisti, anche se di poco. Un eventuale cessate-il-fuoco, hanno fatto sapere, dovra’ accogliere le loro condizioni, cosa che è improbabile Israele voglia fare.