Berlusconi indica alla gente due bersagli: la Corte di sinistra e Napolitano. Il danno più grande

Pubblicato il 7 Ottobre 2009 - 21:07| Aggiornato il 13 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

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Il danno più grave, spiace davvero dirlo, lo ha fatto Berlusconi. Danno anche a quelli, e sono la maggioranza, che votano per lui e per i suoi alleati. Anche loro vivono in questo paese, legittimamente governato da Berlusconi. Ma Berlusconi ieri ha aggiunto, somministrato, impresso una quota, una dose, un marchio di invivibilità in questo paese. Se un capo di governo, cioè il massimo esponente di uno dei poteri della democrazia, dice con rabbia e con spregio che «la Corte Costituzionale è di sinistra», dice che un altro potere, un altro pilastro della democrazia è nemico, bugiardo, maligno. Indica dunque un pilastro da abbattere, un pilastro della democrazia. Se non fossimo di fronte ad una cosa maledettamente seria, se ci fosse da sorridere, diremmo che Berlusconi parla come un ultra della curva per cui l’arbitro è sempre “venduto e cornuto” quando fischia un calcio di rigore contro. È questo il danno alla convivenza civile, alla vivibilità di tutti in questo paese: la riduzione della vita civile ad una rissa davanti alla moviola, lo scatenare i Gasparri che dichiarano: «Ora la Corte non è più organo di garanzia». Non più perchè gli ha dato torto, «di garanzia» lo si è solo quando ti dà ragione.

Non basta, Berlusconi, mascherando malamente un’ira profonda, ha voluto colpire ancora, indicare un altro bersaglio: «Il 72 per cento della stampa è di sinistra e il capo dello Stato lo sapete tutti da che parte sta». Napolitano, il presidente della Repubblica attaccato come «vile» da Di Pietro perché firma, come è suo dovere costituzionale, le leggi del Parlamento. Napolitano, indicato da Fini e anche da Bossi come una «garanzia». Napolitano è indicato da Berlusconi alla gente come un nemico. Al Quirinale ci hanno messo quasi un’ora per rispondere. Un’ora perché speravano di aver capito male. Un’ora perché l’incredulità frenava e anche il senso di responsabilità. Poi non hanno potuto fare a meno di rispondere: «Tutti sanno con chi sta il capo dello Stato, con la Costituzione e con l’imparzialità». Ecco fatto, ecco il danno: Berlusconi ha indicato alla “sua” un’altra guerra da combattere, un altro fronte in questa guerra civile per fortuna solo di parole, umori e sentimenti, ha chiamato alla battaglia contro la Corte e contro Napolitano.

Se, come dice Berlusconi, i processi contro di lui sono assurdi e infondati, perché non limitarsi alla prima reazione, quella del “Continuo a governare»? Perché inondare il paese di ostilità, rancore, avversione? Diamo per buono che Berlusconi uscirà indenne dai processi. Diamo per certo il suo diritto a governare. Ma il danno di eccitare e incitare la gente contro ogni ostacolo e diversità da Berlusconi stesso, il danno di bollare come «politica» e quindi schifosa ogni cosa non sia nel suo interesse e nelle sue aspettative, il danno in definitiva di gridare alla gente che in lui crede che la democrazia è trucco e inganno, è danno che sopravviverà perfino a Berlusconi, governante e uomo. Un danno inflitto a tutti, un danno che Berlusconi non infligge per caso in una sera di rabbia. Un danno che purtroppo, anche per l’Italia di destra, è diventato seriale. E il peggio è che Berlusconi non sembra rendersene conto. Conclude: «La Corte è di sinistra perché i suoi membri sono nominati da governi e presidenti di sinistra». Vuol dire che la Corte “buona”, l’unica Corte “buona” è quella nominata dalla destra? Questa idea è puro veleno per la convivenza, per la stessa pace sociale.

La sentenza della Corte non obbliga Berlusconi a dimettersi come grida scompostamente Di Pietro. Non delegittima il suo governo. Cancella una legge del suo governo, questo in democrazia qualche volta succede, senza drammi. Dove non succede mai le dimissioni le sta dando la democrazia.