Charamsa, non facciamone un eroe. Solo sindacalista dei gay

di Lucio Fero
Pubblicato il 5 Ottobre 2015 - 13:11| Aggiornato il 6 Ottobre 2015 OLTRE 6 MESI FA
Charamsa, non facciamone un eroe. Solo sindacalista dei gay

Charamsa, non facciamone un eroe. Solo sindacalista dei gay (foto Ansa)

ROMA – No, Kryzstof Charamsa non è un eroe, tanto meno un eroe dei diritti civili. No, il monsignore-teologo che ha voluto gridare al mondo “sono gay e ho un compagno” è invece un sindacalista della causa gay. Buono o cattivo per la causa lo diranno i fatti.

Non è un eroe dei diritti civili perché gli eroi, o più semplicemente gli umani che si meritano rispetto e gratitudine altrui in questo campo, non sono quelli che trasformano un loro bisogno in diritto naturale ma quelli che, indipendentemente dal loro personale bisogno, individuano diritti generali e universali e per essi si battono, magari a danno della qualità, sicurezza e serenità della loro individuale esistenza. Gli eroi dei diritti civili non si battono per avere assegnata loro la casa o il lavoro o la moglie o il marito che “gli spetta”. Combattono perché tutti abbiano un tetto o un reddito o una famiglia, anche se loro ce l’hanno già.

Fin qui però monsignor Charamsa, fin qui nell’atteggiarsi ad eroe e quasi martire mentre altro non è che il legittimo sindacalista della propria legittima personale istanza, è in perfetta sintonia con il sentire dei tempi. Dei tempi e della gente. Mostrarsi vittima dolente, asserire il dovere altrui di riconoscere la mia istanza, trasformare il mio grido in legge e valore generale perché…è il mio grido. Tutto questo è comportamento diffuso, tutto questo è etica dell’opportunità. Il massimo classico della pedagogia sociale contemporanea.

Fin qui Charamsa è ideal tipo sociale del tipo Fabrizio Corona: io fotografo e di quel che accade intorno, dopo, sopra e sotto questa attività e si suoi prodotti sono socialmente non responsabile…io scopro l’amore gay e di quel che accade intorno, dopo, sopra e sotto questo mio amore sono socialmente non responsabile. Fin qui Charamsa è uno di noi, uno di noi tanti che ci proviamo a farci dare dal mondo quel che vogliamo, piagnucolando un po’, sceneggiando molto, magari se capita andando in televisione…Uno dei troppi dell’etica il mio bisogno è un diritto e chi non me lo riconosce è umanità sbagliata e crudele.

Fin qui. Poi Charamsa proprio eroe non è anche per altro. Altro che non è poco. Non ha chiesto che la Chiesa cattolica non si opponga più alle legislazioni che riconoscano diritti civili ai gay. No, non ha chiesto questo. Non ha chiesto che la Chiesa cattolica non consideri più peccato l’amore omosessuale o lo perdoni in confessionale. La seconda cosa Chiesa cattolica già lo fa abbondantemente. La prima no, ostinatamente. Ma Charamsa no, non ha chiesto questo.

Monsignor Charamsa ha chiesto invece alla Chiesa e al mondo di accettare e festeggiare non una causa, ma la “sua” causa. Il celibato dei sacerdoti cattolici non è imposto da una dittatura. E’ accettato da chi vuol farsi prete. Accettato e spesso violato, come è nella natura umana. Ma celibato e castità non sono barriere poste di fronte all’amore omosessuale. Non stanno lì a sbarrare la strada solo ai gay. Valgono anche per gli eterosessuali. A meno che non si pensi  che la lotta di liberazione del clero cattolica sia una lotta tout court gay. Charamsa decidendo di convivere pubblicamente con un partner (uomo o donna importa relativamente) ha scelto di non essere più sacerdote della Chiesa cattolica.

Liberissimo di farlo, molto meno libero di attribuire questa sua legittima scelta alla repressione e non umanità altrui. Liberissimo Charamsa di essere gay, molto meno di far apparire la storia umana come una continuato congiura anti gay. Nessuno obbliga Charamsa ad essere sacerdote cattolica e neanche alla eterosessualità. Non più prete e felice insieme al suo compagno Charamsa merita rispetto. E se questa fosse stata la sua scelta, scelta dignitosa e di dignità.

Ma quando, in posa per le telecamere, guarda dalla spianata di Castel Sant’Angelo verso la Cupola di San Pietro con lo sguardo fisso neanche fosse un novello Lutero, allora Charamsa si atteggia a quel che non è, un eroe dei diritti civili. E come tale cade in tentazione di trattarlo l’informazione politicamente corretta. E come eroe dei diritti civili tende ad accoglierlo e a usarlo la lobby gay . C’è nel clero, c’è nella società civile la lobby gay. E come ogni lobby fa il suo di interesse e non l’interesse generale ( si veda la legislazione in arrivo paradossalmente più attenta alle coppie omosessuali che alle coppie di fatto eterosessuali, coppia di fatto eterosessuale che per almeno una parte della vita è condizione che praticamente tutti vivono). E invece Charamsa eroe non è dei diritti civili, è un umano che lotta per la sua felicità. Auguri e comprensione ma la causa è la sua, non quella dei diritti umani.