Marò, i pescatori erano pirati? Ruggito di Gentiloni: “In Italia fino all’arbitrato”

Marò, i pescatori erano pirati? Ruggito di Gentiloni: "In Italia fino all'arbitrato"
Pirati presi a fucilate nell’oeano. Il video emerso su internet riapre la ferita dei marò italiani

ROMA – Il video dei 4 pirati uccisi a fucilate in mezzo al mare, non si sa dove, non si sa quando fa subito pensare al dramma dei nostri marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. La loro vicenda sarebbe una farsa se non ci fosse il rischio della pena di morte per due militari italiani che hanno fatto il loro dovere, sventare un arrembaggio di pirati alla nave alla cui difesa erano preposti, la Erica Lexie.

Solo una voce si è alzata da sinistra a loro difesa, quella di Mario Pirani. Per la maggior parte della sinistra, i due marò sono solo spietati assassini che non meritano clemenza. È scattata l’equazione: pescatori uccisi = militari killer.

Appare invece probabile che la barca contro cui Girone e Latorre spararono, vestita da peschereccio, fosse in realtà in cerca di più appetitose prede che non un banco di pesci. Forse molti in Italia ancora pensano che i pirati vaghino per i mari con la bandiera nera con teschio e ossa incrociate e sparino cannonate per intimare  l’alt alle navi da abbordare.

Nessuno ha pensato che molta manovalanza della pirateria viene dalle file dei pescatori. In Somalia, la pirateria trae origine e motivazione dalla tutela dei fondali e della fauna ittica dei loro mari dalle stragi operate dai mega pescherecci giapponesi. Poi i pescatori hanno scoperto che il riscatto di una sola nave rendeva più di una intera vita di lavoro. Chi ha letto un po’ di cronache nel periodo di più intensa attività dei pirati in Somalia o ha visto il film con Tom Hanks sulla Maersk Alabama e il suo comandante Richard Philips si dovrebbe essere fatto un’idea.

Piccole imbarcazioni, con piccoli equipaggi, minimo impiego di capitale, minimi rischi materiali. La vita nei mari a est dell’Africa vale molto poco, certo meno di un motore fuoribordo.

Le immagini che il New York Times ha rilanciato in rete, sono tragiche e tremende: lo scafo di una barca o di un gommone rovesciato nel mare increspato, uomini aggrappati al relitto e altri che nuotano come impazziti, da fuori campo le fucilate, nella fotocamera di un telefonino la chiazza di sangue che si allarga attorno agli uomini colpiti.

Le parole del New York Times danno i brividi:

“Nonostante dozzine di testimoni su almeno quattro navi, quelle uccisioni restano un mistero. Nessuno ha mai denunciato l’incidente – non ci sono obblighi in base alla legge del mare né un metodo chiaro per i marinai, che vagano di porto in porto, perché riferiscano quello che sanno. Le autorità sono venute a conoscenza di quelle morti solo dopo che un video delle uccisioni fu trovato in un cellulare dimenticato in un taxi alle isole Fiji, lo scorso anno [2014] e poi postato su internet”.

Sono frasi che fanno riflettere ssui capricci del fato: qui quattro disgraziati trasformati in bersagli umani e pregiato cibo per i pescicani; là due probabili pirati trasformati in eroi e due militari diventati oggetto di vituperio nazionale.

Sono sulla combinata incapacità di quanti hanno determinato la decisione del comandante della Erica Lexie di obbedire alle autorità indiane, abbandonare la sicurezza delle acque internazionali, per andare a infilarsi in bocca agli indiani, in quel groviglio di interessi e di opacità che fanno apparire l’Italia limpida come un cristallo. Nella classifica mondiale della corruzione, l’Italia è al posto 69, l’India 85.

La gestione fatta in quei mesi dal Governo Monti è degna di un film di Totò senza il finale colpo di genio napoletano. Le parole del mediatore italiano, Staffan De Mistura, che all’epoca era anche sottosegretario agli Esteri, fanno capire il fallimento diplomatico. Sotto Enrico Letta le cose sono andate sulla stessa falsariga.

Siamo arrivati anche al siparietto dei 16 parlamentari, deputati e senatori che, guidati da Pierferdinando Casini, sono partiti in missione per l’India ignorando che nei giorni della loro visita il parlamento di New Delhi era chiuso.  Splendida gita a spese del contribuente italiano, ulteriore sfregio all’onore dell’Italia e crudele beffa ai danni dei due marò.

Il ministro degli Esteri del  Governo Renzi, Paolo Gentiloni, sembra avere impresso alla vicenda una nuova spinta, quella del buon senso e di una gestione un po’ meno cervellotica del passato. L’Italia ha chiesto un arbitrato internazionale e, ultima mossa del 21 luglio 2015, l’Italia ha anche chiesto al tribunale internazionale del diritto del mare di Amburgo che

1. fino alla conclusione del procedimento dell’arbitrato, Massimiliano Latorre possa restare in Italia e Salvatore Girone vi possa rientrare;

2. la sospensione della giurisdizione a carico dei marò in India.

Seguono per la prima volta parole dignitose: è necessario, ha detto il ministero degli Esteri,

“tutelare i diritti dei fucilieri di Marina e dell’Italia durante lo svolgimento del procedimento arbitrale avviato il 26 giugno”.

Il video e le foto dei 4pirati uccisi in mezzo al mare.

 

Gestione cookie