Cambiale da 1000 miliardi in protesto 2012 Europa scivola verso lo “Eme”

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 24 Novembre 2011 - 14:26 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Le banche e gli Stati, oppure gli Stati e le banche europei, metteteli in fila come gradite il risultato non cambia, hanno bisogno di circa mille miliardi domani, nel 2012. Sono i loro titoli pubblici e obbligazioni private che vanno in scadenza nel prossimo anno: devono ripagarli al cento per cento. A chi? A chi, grande, piccolo o piccolissimo investitore o risparmiatore ha comprato negli anni scorsi appunto titoli di Stato od obbligazioni bancarie che domani, nel 2012, scadono. Non possono non pagare gli Stati e le banche d’Europa, sarebbe non il default che ci minaccia ma l’Apocalisse che non verrà. Però le banche e gli Stati d’Europa hanno un problema che un po’ all’Apocalisse somiglia sia pure alla lontana: nessuno oggi è disposto a prestare loro quei mille miliardi se non a tassi di interesse che alla lunga, non tanto alla lunga, Stati e banche d’Europa non potrebbero ripagare. Per ora trovano soldi, a crescente fatica, pagando in media il sei per cento gli Stati. In media, anche la Germania è salita al due per cento, la Spagna e l’Italia sono sul sette, la Francia viaggia verso il cinque. Le banche piazzano i loro bond a interessi quasi doppi di quelli degli Stati. Per ora, tra un po’, se continua così, non li venderanno più a nessuno perché nessuno ha voglia di correre il rischio di comprarli.

Passata la voglia di comprarli i titoli di Stato e le obbligazioni delle banche d’Europa perché la garanzia, il “collaterale” e cioè la certezza che gli Stati ripagano non c’è più. E le banche che hanno in patrimonio montagne di quei “collaterali” non sembrano certo più affidabili degli Stati che hanno in “patrimonio” montagne di debito pubblico. Fino a ieri tutti compravano l’unica merce sicura: il Bund tedesco, da ieri è passata la voglia di comprare anche quello. Quindi negli ultimi due/tre anni si è passati, dai Piigs, gli Stati “maiali” di cui poco ci si poteva fidare, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, all’ Eeg, acronimo che significa tutti nei guai eccetto la Germania. Ora, è questione di mesi e non di anni, se continua così si arriva all’Eme: European money end e non c’è bisogno di tradurre. End euro, end Europa…E anche end economia, lavoro, risparmio. Questione di mesi e neanche tanti.

Si può fermare la scivolata progressiva e complessiva verso il Grande End? Si può, si potrebbe… Con la Bce che subito, proprio subito, compra quel che i mercati non comprano e ai mercati lo dice con pubblico annuncio-manifesto. E’, dovrebbe essere l’unico immediato tampone che ferma l’emorragia. Altro qui e subito non ce n’è. Ma il “tampone” non ripara l’arteria e, se applichi solo quello, se pensi che sia quella la cura, il dissanguamento non si ferma. Rallenta ma alla lunga, neanche tanto, il paziente senza sangue resta. La Bce compra stampando denaro, paga le prime rate dei mille miliardi. Ma chi garantisce per il garante? La Bce si mette in pancia titoli di Stato e in via indiretta obbligazioni bancarie. Bene, ma queste restano merce a rischio. La Bce che compra ci vuole, dà il tempo per sopravvivere, procrastina, allontana il Grande End. Non lo cancella però.

Serve, subito dopo la Bce, l’Eurobond. Cioè un titolo di debito europeo che paghi interessi del quattro, massimo cinque per cento. Ma anche l’Eurobond è terapia intensiva, non cura definitiva. L’Eurobond ha senso se evolve in Fondo Monetario Europeo. Qualcosa che tenga in patrimonio titoli pubblici e indirettamente obbligazioni private concedendo il tasso di interesse basso e agevolato solo a chi, Stato o banca che sia, taglia il suo debito e ripiana il suo bilancio. Come fa il Fmi: soldi e credito in cambio di leggi. Leggi da controllare e approvare. Se quelle leggi non le fai, il Fondo Monetario Internazionale non eroga più soldi e ritira il credito. Il Fondo Monetario Europeo si farebbe, si dovrebbe fare con i soldi dei tedeschi, dei francesi, degli spagnoli, degli austriaci, degli olandesi, degli italiani, con i soldi di tutti i cittadini dei diciassette paesi dell’Unione. Una “cassa comune”. Ma cassa comune non si può fare, neanche per una gita, se ognuno dei diciassette versa quanto gli pare e quanto gli pare spende. Quindi la cassa comune si fa solo se qualcuno, qualcosa controlla i governi, le leggi e bilanci di tutti i diciassette. Controlla preventivamente, sanziona se qualcuno sgarra. La cassa comune si fa se sui fondamentali dell’economia, sui saldi di bilancio, ognuno dei diciassette paesi smette letteralmente di essere nazione “indipendente”.

E questa scelta non possono farla i Commissari europei e neanche i singoli governi o premier trattando tra loro, ammesso che vogliano. Neanche se messi all’angolo dall’ombra del Grande End che si allunga. La devono fare gli elettorati in consultazioni elettorali che parlino chiaro e producano una scelta chiara.

Per mettere in moto la Bce ci vogliono giorni, forse anche ore. Ma la “batteria” della Bce dura settimane, al massimo mesi. Per far partire gli Eurobond ci vuole almeno un anno. Per costruire il Fondo Monetario Europeo almeno due anni. Per far votare gli europei ci vogliono i prossimi due anni. E questo è il calendario dell’ottimismo, stretto e compresso dall’urgenza, dalla consapevolezza, dalla responsabilità. Ammesso che questi “articoli” siano insieme ottimi e abbondanti a partire da oggi, a partire dal vertice a tre tra Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e Mario Monti. Ammesso e non del tutto concesso. Due, tre anni di Grande Europa dei governi e dei popoli possono fermare lo scivolamento progressivo e collettivo verso il Grande End. Due, tre anni grandiosi e gloriosi possono farcela. I mille miliardi però devono arrivare in dodici mesi. Vedere la differenza tra le due cifre, tra i mesi e gli anni è calcolo. Tu chiamala, se vuoi e ti consola, speculazione.