Affamate le Regioni e vi darò la patrimoniale. Ma il partito del salario non c’è

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 23 Agosto 2012 - 12:40 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Affamate le Regioni (e togliete qualche pietanza anche dal tavolo dei Comuni) e, in cambio di questa garanzia, vi pagherò volentieri una patrimoniale. Perché saprò, avrò ragionevole certezza che quei soldi, quelli della patrimoniale, andrebbero al salario. Diventerebbero un po’ meno tasse sugli stipendi che ci sono e niente tasse o quasi sugli stipendi che non ci sono, quelli per i giovani. Perché con i soldi della patrimoniale, della “mia” patrimoniale, voglio finanziare il salario e la ricerca scientifica e l’innovazione e la scuola d’eccellenza. E non voglio, proprio no, finanziare le Regioni e neanche tanto i Comuni. Quanto mi piacerebbe votare per un partito che mi chiede la patrimoniale, la spende per il salario e la competenza e affama le Regioni e smagrisce anche un po’ pure i Comuni. M a quel partito non c’è, non presenta liste, non ha candidati premier.

Perché affamare le Regioni? Perché sono obese di denaro pubblico, obese nocive a se stesse e alla “salute” pubblica. Scrive, anzi riscrive per la centesima volta Sergio Rizzo sul Corriere della Sera: “Nei dieci anni tra il 2000 e il 2009 la spesa pubblica regionale è lievitata da 119 a 209 miliardi. L’aumento è stato del 75,6 %. Tre volte e mezzo l’inflazione, ma soprattutto il doppio della crescita del 37,8% registrata da tutta la spesa pubblica nel suo complesso”. Le Regioni costano 90 miliardi in più all’anno e continuano a produrre deficit, soprattutto nella sanità. E producono tasse: guardate la vostra busta paga, guardate l’addizionale Irpef regionale, in media in dieci anni è cresciuta del 100 per cento.

Che ci fanno le Regioni con i soldi? Lo leggiamo ogni giorno: in Sicilia ci comprano il consenso dei votanti e la vita comoda dei votati. In Sicilia? Ovunque è festa e festival di consulenze, collaboratori, assunzioni, finanziamenti, contributi, battesimi e cresime di società e consorzi pubblici. Nella totale irresponsabilità della spesa, tanto alla fine qualcuno “ripiana”. Con le tasse ovviamente. La Regione Lazio con i suoi 500 “portaborse”, la Calabria con i suoi forestali, la Sicilia con i suoi precari e la sua sanità che costa da sola più di quella della Finlandia e anche le Regioni del Nord e anche la Sardegna e la Val d’Aosta e il Trentino. Tutte che spendono come fossero Stati autonomi, con il piccolo particolare di essere “Stati” irresponsabili quanto alla spesa. Spesa, questo tipo di spesa, che produce, genera e diffonde nel migliore dei casi assistenza e nel peggiore clientela. Comunque figure sociali che non voglio e non posso più sostenere con il peso fiscale, tanto meno con una nuova patrimoniale.

Ma il partito cui pagare una sacrosanta patrimoniale per riversarla al salario, all’ingegno e alla competenza non c’è. La patrimoniale che mi chiedono Vendola, Camusso, Fassina e Bersani non ha la garanzia incorporata che quei soldi non finiranno alle Regioni, alla loro burocrazia, alle loro clientele, al loro sperpero organizzato, al loro sistema di assistenza tramite aspersione di denaro pubblico. Anzi, è lì che quella patrimoniale andrebbe a finire secondo quanto promettono a sinistra. Sinistra al tempo stesso vittima e artefice, anche un po’ carnefice in verità, del paradosso insolente in cui vive un po’ tutta la pubblica opinione. Ogni giorno a dichiarare insopportabile la “casta”, i privilegi, le prebende, i benefit, gli sprechi. Ogni giorno a leggere, apprendere e lamentare che tutto questo sta, abita nei governi e negli enti locali. E ogni giorno, gli stessi giorni, la stessa gente a chiedere più soldi per i governi e gli enti locali, cioè per le caste, i privilegi, le clientele, i benefit…Perché? Perché in molti hanno imparato a vivere, o almeno ad integrare il reddito, con la spesa dei governi ed enti locali. Molta, moltissima gente comune, molti cittadini, anche quelli che protestano. E qui in questa contraddizione logico-etica, ma in questo cemento sociale la sinistra ha costruito i suoi mattoni, la sua base elettorale. Quindi, se governerà e se farà la sua patrimoniale, la sinistra farà molta fatica a riversare quei soldi al salario, alla nuova occupazione, all’ingegno, alla competenza.

Allora la destra? Quella neanche la fa la patrimoniale, quella fa debito e scasso. In Sicilia per le elezioni di ottobre la destra si è tutta ricomposta in tutte le sue famiglie in una sola grande unità: arraffare, predare soldi pubblici e portarli sul territorio. A Roma il sindaco Gianni Alemanno, con il Pincio che gli si sgretola sotto i piedi, lagna che è colpa del freddo e poi del caldo e soprattutto chiede soldi allo Stato. Soldi e personale chiede il Comune di Roma. Lo stesso Comune che ha riempito le aziende locali di assunzioni e che progetta e stanzia fondi per la celebrazione della vittoria cristiana di Costantino su Massenzio cui si vorrebbe presenziasse anche il Papa (vedi l’articolo di Francesco Merlo su Repubblica del 23 agosto, vale il tempo della ricerca e lettura). La patrimoniale della destra si chiama default oppure inflazione. E allora gli anti tutto, quelli alla Grillo? Se per un solo momento dicessero la verità e cioè che una patrimoniale o una stretta abbatti debito ci vogliono e sono cosa sana e giusta, perderebbero quattro voti su cinque. Vivono e prosperano nell’immaginario collettivo ma nella realtà servono a poco. E allora quelli della “decrescita”, quelli che spiegano, anzi predicano, che il mondo sarebbe subito un paradiso se accendessimo meno la luce e mangiassimo meno carne? Già, peccato che dovremmo, nel caso scegliessimo la strada della decrescita, “decrescere” anche in ospedali, scuole, medicine, pensioni e tutto quanto viene in “surplus” dagli odiati e diabolici commerci di merci e non solo di bisogni.

No, il partito affama le Regioni, nutri il salario e ti darò una patrimoniale non c’è. Tocca farsene una ragione, più difficile sarà farsene un governo.