I Rettori resistono…in cattedra. La legge diceva: mai più a vita

di Riccardo Galli
Pubblicato il 18 Aprile 2012 - 15:38 OLTRE 6 MESI FA

Lapresse

ROMA – L’Italia non è un paese per giovani, e questo lo sapevamo. Nel caso però qualcuno avesse ancora qualche dubbio in merito ecco una nuova, ennesima, storia che racconta bene come il nostro paese sia chiuso al cambiamento, all’innovazione e come anche quella che dovrebbe essere la parte migliore è retrograda e attaccata alla poltrona. Parliamo di politici? Una volta tanto no, e poi si è accennato alla “parte migliore”, niente Parlamento quindi, la storia di oggi arriva dalle università italiane e i protagonisti sono i magnifici rettori. Tanto abituati e affezionati al titolo di “magnifico” che pur di non mollarlo sono disposti a fare carte false, in alcuni casi nel senso letterale del termine. La riforma dell’università dovrebbe dare il via ad un ricambio ai vertici degli atenei, ma la maggior parte dei rettori non mollano la presa. Interrogazioni parlamentari, lettere di chiarimenti al ministero, cavilli, denunce e proteste, tutto per non cedere il posto, talvolta dopo decenni che lo si occupa.

Le università dovrebbero rappresentare la cosiddetta parte migliore dell’Italia, le fucine che formano e sfornano cervelli, spesso regalandoli e relegandoli poi all’estero. La punta di diamante della società civile da cui uscirà la classe dirigente di domani e le menti che dovranno far progredire il Paese, il motore dell’innovazione eppure, anche in questo universo, la realtà è ben diversa. Anche negli atenei attaccamento alla poltrona, familismo, ostracismo nei confronti del cambiamento e del nuovo sembrano infatti farla da padrone. Di esami venduti e cattedre cedute in linea dinastica si è purtroppo già ampiamente discusso e oggi sono i vertici assoluti delle nostre università ad essere chiamati in causa.

La riforma dell’università doveva segnare la fine dei loro mandati a vita, intento encomiabile ma non molto apprezzato evidentemente dai diretti interessati. La riforma Gelmini prevederebbe infatti che i rettori attuali lasciassero la guida dei loro atenei l’anno successivo all’adozione dello Statuto. Ma persino questa disposizione, apparentemente chiara, tale non è per molti “magnifici”. Di quale adozione si parla? Della stesura da parte delle università o dell’approvazione del ministero? Delicato sofismo su cui i rettori si sono interrogati e hanno interrogato il ministero, tutti a caccia della tanto agognata proroga.

Nel dubbio sono rimasti tutti lì, stoici, ai vertici. Un campionario della resistenza dei “magnifici” lo offre il quotidiano La Stampa. Alcuni come Gino Ferretti, rettore di Parma da dodici anni, che arriverà a tredici con la proroga. Altri come il rettore di Messina Francesco Tomasello che ha tentato di approvare in extremis un’autoproroga per guadagnare altri due anni alla guida dell’università retrodatando l’inizio dell’anno accademico. E’ stato smascherato dai docenti dell’ateneo che hanno denunciato il tentativo in una lettera inviata al ministero dell’Istruzione che con una risposta di sei pagine ha bocciato i sogni del magnifico Tomasello.

Ad altri però è andata meglio, come racconta La Stampa: “Quando a Parma il rettore Ferretti ha annunciato la sua proroga sulla base di uno Statuto pubblicato in Gazzetta Ufficiale a febbraio di quest’anno, si sono levate reazioni da parte di tanti: dai docenti, da chi spera di prendere il suo posto, dagli studenti fino ai sindacati. Anche perché l’università sul sito scrive di averlo “adottato” nell’aprile del 2011 e il mandato di Ferretti scadeva due mesi dopo, a giugno. A quel punto Ferretti ha scritto al ministero per chiedere lumi. Con grande stupore di molti, la risposta del ministero è arrivata poco dopo fornendo chiarimenti che hanno reso ancora più difficile e avvelenata l’atmosfera. La lettera è firmata dal direttore generale del ministero per l’Università, Daniele Livon: spiega che i rettori che si trovano nelle stesse condizioni di Parma possono restare in carica fino a ottobre 2013. Ancora un anno e mezzo, quindi. Ad essere nelle condizioni di Parma sono molte università: su 80 atenei 66 hanno ottenuto il via libera allo Statuto presentato al Miur ma solo 46 l’hanno pubblicato in Gazzetta Ufficiale completando la procedura. E una decina di rettori, come Ferretti, è riuscita ad incassare la doppia proroga prolungando un mandato scaduto da mesi”.

E il ministro dell’istruzione che dice? Lui che viene dall’università sul tema dovrebbe avere le idee molto chiare e soprattutto dovrebbe, visto il suo ruolo e la sua provenienza, sentire il bisogno di chiarire la questione senza lasciare spazio a dubbi. Francesco Profumo dice che “è tutto regolare, è la legge stessa a prevedere la proroga di un anno dal momento in cui lo Statuto è operativo per evitare che si arrivi ad un rinnovo degli organi statutari azzerando tutto contemporaneamente. Le università sono sistemi complessi, c’è bisogno di continuità per garantire che tutto possa continuare a funzionare nel miglior modo possibile. In quell’anno il rettore deve garantire la corretta gestione dell’ateneo mentre si rinnovano le altre cariche”. Sarà, ma Profumo stesso si trova protagonista di una situazione paradossale: il ministero da lui retto ha fatto ricorso contro tre università per problemi nei nuovi Statuti, ed una di queste è il Politecnico di Torino dove il ministro ha lavorato fino allo scorso novembre creando una bizzarra situazione, come ministro ha bocciato il testo che aveva preparato da rettore.