Il Giappone rompe le righe: 174 mld anti austerity. Col debito al 216% del Pil!

di Salvatore Gatti
Pubblicato il 11 Gennaio 2013 - 15:53| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Il premier Shinzo Abe (foto LaPresse)

TOKYO – 11 gennaio. Il premier Shinzo Abe ha deciso: addio austerity, sì alla crescita (coniugata col rigore). Ha infatti annunciato un mega-piano di stimoli pubblici all’economia: 224 miliardi di dollari (174 miliardi, in euro). Obiettivo: uscire dalla recessione, rilanciare la domanda, creare occupazione rimettendo in moto tutta l’economia.

Ma il Giappone ha già un debito pubblico pari al 216 per cento del prodotto interno lordo, il pil: questa manovra lo farà crescere parecchio. Non importa: secondo il premier la priorità è la crescita dell’economia e quindi dell’occupazione, il debito viene dopo. Anche perché facendo aumentare il pil si diminuisce il peso del debito. E facendo aumentare l’occupazione si aumenta la domanda interna. Insomma, si innesca un circolo virtuoso che può risanare e rilanciare il Giappone. Altro che cieca austerity. Ma come stava il Giappone prima di questa svolta. Vediamo la fotografia dell’anno scorso, in cifre.

Il prodotto interno lordo del 2012 è stato di un più 1,7 per cento e secondo l’Ocse sarebbe sceso allo 0,7 quest’anno e allo 0,8 nel 2014: una prospettiva spaventosa, La produzione industriale,sempre l’anno scorso, è crollata del 5,8 per cento. Il deficit in percentuale del pil è di un drammatico 9,7. Per fortuna il tasso di interesse sui titoli di stato era (ed è) bassissimo: lo 0,79. Apparentemente un inezia.

Questo prima che Shinzo Abe decidesse che era il tempo di fare una svolta che può determinare un aumento di 2 punti del pil: non la salvezza definitiva ma un bel passo in avanti, fuori dalla recessione incombente e distruttiva. Il Giappone non sarà la prossima Grecia.

Presentando il nuovo gabinetto di Shinzo Abe “The Economist” titolava la settimana scorsa: “Back to the future”. Aveva ragione.