Da voyeur a killer, il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino si punta il fucile contro e si ammazza, dopo aver sparato alla moglieAnna Fallarino e all’ultimo amante, Massimo Minorenti. È il 30 agosto del 1970, quell’omicidio-suicidio scuote la Roma bene, che scopre l’esistenza di un salotto a luci rosse, nella roccaforte del perbenismo borghese, in via Puccini, nel cuore dei Parioli.
Lo scandalo mette in fibrillazione mezza Italia, che si appassiona alla vicenda, tragicamente boccaccesca, del marchese e sbircia avidamente le foto osé della moglie che hanno trovato, prime di una lunga serie, modo di arrivare su qualche rotocalco.
Infatti, in quello stesso periodo l’Italia sta facendo il grande salto, dal paese in cui la tv di Stato imponeva le mutande lunghe alle ballerine per coprirne le gambe, al paese in cui la libertà di stampa veniva interpretata secondo la Corte suprema americana, quando assolse Larry Flynt dall’accusa di pornografia. In Italia, vent’anni prima avevano sequestrato l’Espresso per una schiena nuda di Kim Novak e Epoca per delle foto in cui Marylin Monroe mostrava un po’ di pelle, ma niente capezzoli né organi, e addirittura uno spettacolo teatrale, l’Arialda del cattolico Giovanni Testori, regista Luchino Visconti. Sull’onda degli effetti positivi del ’68, pezzi di medioevo saltavano e riviste come Playboy non erano più fuorilegge, altre ne nascevano, come Excelsior e Playman e altre ancora, come Abc e le Ore scivolavano decisamente nel porno soft vestito di cronaca nera.
La storia è greve di suo. Al centro ci sono le deviazioni sessuali di un uomo nel pieno degli anni, il marchese ne ha 43, che si eccita guardando la sua donna, Anna Fallarino, che ne ha 41,mentre si concede ad altri.
Ma gli altri non sono, come in una banale storia di triangolo, uomini che la signora ha sedotto di suo. Sono degli stalloni prezzolati, dei gigolò che Casati sceglie e paga lui, uomini di bella presenza disposti a farsi fotografare e filmare mentre sono impegnati nell’atto sublime consumato con la signora marchesa e possibilmente in pose hard. Poi Casati, come Frank Finaly in “La chiave” di Tinto Brass o il protagonista del romanzo di Yunikiro Tanizaki cui Brass si ispirò, ne scrive i resoconti sul suo diario.
«Oggi Anna mi ha fatto impazzire di piacere. Ha fatto l’amore con un soldatino in modo così efficace che da lontano anche io ho partecipato alla sua gioia. Mi è costato trentamila lire, ma ne valeva la pena», racconta. E poi ancora si rivolge direttamente alla sua Anna: «Mi piace quando sei a letto con un altro, sento di amarti ancora di più».
ll treno deraglia quando nel gioco entra lo studente universitario Massimo Minorenti, un bellissimo ragazzi di 25 anni: l’intrigo si sposta dal letto al cuore di Anna, che comincia a frequentare con coinvolgimento sentimentale l’ultimo stallone della serie. Casati va su tutte le furie, perde la testa, accecato di gelosia, annega nel sangue quei giochi pruriginosi che avevano superato il limite.
Tutto parte da una telefonata. Camillo non è a casa, chiama la moglie, che invece sa essere a casa, ma al telefono risponde Minorenti. Il marchese capisce subito che qualcosa non va. Cosa ci fa Massimo nel suo salotto, se di salotto si tratta, in sua assenza? Casati capisce subito che il gioco gli è sfuggito di mano cerca di mantenere la calma, fa ancora una volta il numero e risponde la sua Anna. La riempie di insulti, poi le sbatte la cornetta in faccia e si precipita a casa. Ordina ai domestici di non disturbare per alcun motivo e spara con un Browning calibro 12 alla moglie e all’amante. Poi decide di farla finita anche lui.
L’agente Domenico Scali è tra i primi a entrare nel salotto dove i gusti sessuali segreti del marchese si sono trasformati in odio omicida. In un’intervista all’Europeo racconterà: «Il primo corpo che vidi fu quello di Anna Fallarino. Mi sembrò ancora viva. Era seduta sul divano, ma con le gambe incrociate sopra uno sgabello. Aveva le mani in grembo e il volto sereno. La nota stonata era una macchia scura di sangue sulla camicetta. Vicino a lei, accanto al divano, c’era il giovane Minorenti. Giaceva mezzo raggomitolato per terra, con indosso una maglietta leggera e dei pantaloni, seminascosto da un tavolino con cui aveva tentato a quanto pare un’estrema difesa… Avanzai e vidi anche il terzo corpo, quello del marchese. Non era un bello spettacolo, con la testa mezza sfigurata dal colpo di fucile. L’arma, un Browning calibro 12, giaceva abbandonata su una poltrona. Doveva aver usato quella poltrona per puntarsi il fucile sotto il mento».
Delitto passato, però, resta l’eredità, compresa Villa San Martino ad Arcore, entrata nell’Ottocento nel patrimonio dei Casati. Il patrimonio va alla figlia di primo letto, la marchesina Anna Maria. Cesare Previti, si proprio lui, dalla preistoria legale di Berlusconi, diventa anche tutore della ragazza fino a che non compirà 21 anni. Anna Maria incarica Previti di vendere la villa San Martino. A questo punto spunta il nome di Silvio Berlusconi, allora giovane e rampante imprenditore milanese in rapida ascesa, che, nel 1974, acquista la villa per cinquecento milioni di lire.
Ci sono state polemiche, un libro carico di veleni i cui autori sono stati però assolti, una recente riesumazione e un rincaro di accuse. Intanto la villa è diventata la Versailles italiana e da lì Berlusconi imperversa imperterrito, senza mostrare l’intenzione di applicare alla quasi ex moglie Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario né tampoco a se stesso, l’esempio del marchese Casati.
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