Coronavirus, Conte premier per caso nel peggio dalla guerra. Ma chi altri se no?

di Lucio Fero
Pubblicato il 11 Marzo 2020 - 10:01 OLTRE 6 MESI FA
Conte, Ansa

Coronavirus, Conte premier per caso nel peggio dalla guerra. Ma chi altri se no? (foto Ansa)

ROMA- Coronavirus, Conte premier per caso nel peggio capitato all’Italia dalla seconda guerra mondiale. Sì, proprio premier per caso. Due anni fa Giuseppe Conte era quel che si dice un illustre sconosciuto. Un professionista, un avvocato. Nulla più nella vita pubblica. Oggi dovrebbe essere una sorta di Churchill nella ora più buia del paese. Si può pretendere che avvenga?

Giuseppe Conte premier è una invenzione di M5S e una conseguenza, in fondo logica e naturale, del successo elettorale di M5S. Si può, col senno di poi, dire che 11 milioni di votanti M5S un premier del calibro e della tipologia di Giuseppe Conte, nel bene e nel male l’hanno voluto.

Magari un po’ a loro insaputa, ma l’hanno voluto. Dopo le elezioni con due vincitori, M5S e Lega, bisogna inventarsi un premier che non sia né Salvini né Di Maio. Deve essere non della Lega e non proprio di M5S altrimenti l’alleanza Salvini-Di Maio si sbilancia. Deve essere anche però cittadino nell’accezione e significato della montante cultura M5S. Cittadino, cioè senza fedina pubblica sporcata da attività e/o competenza politica.

Deve però anche saper indossare l’abito buono e sedersi a tavola, insomma deve essere uomo colto e presentabile. Però non deve fare parte di Caste, almeno in maniera visibile.

Quindi, per forza di cose, deve essere un provinciale. E deve essere un uomo prudente, soprattutto un fedele devoto della nuova religione civile: consultare tutti, decidere poco, cittadino ha sempre ragione, la trasparenza è ciò che trasforma l’acqua e il vino dell’attività di governo in volontà popolare.

Quindi Giuseppe Conte governa secondo questi canoni e cultura: prudenza massima, consenso come balsamo, benzina ma soprattutto benedizione da cercare e impartire prima di muovere. Di qui una inevitabile lentezza, non di forma ma di sostanza. Conte sta lì come conseguenza di un voto e di una cultura di massa che hanno ripudiato la politica come strumento di governo. Al posto della politica (Churchill che decide, non in maggioranza in Gran Bretagna quando lo decide, di proseguire la guerra anche quando appare non possa che perderla) la comunicazione.

Al posto della politica (non c’è bisogno di arrivare lassù fino a Churchill, basta un premier della italiana Prima Repubblica), al posto di costruire e creare dati di fatto assumendosene la responsabilità e il rischio, consultare, coordinare, mostrare, dimostrare.

Con il vizio, collaterale ma non necessario, che il mostrare diventa esibire. Una particolare attitudine sensibilità culturale della task-force comunicativa a Palazzo Chigi ha prodotto un passo della comunicazione su coronavirus saltellante come in una taranta e un passo del comunicare francamente esibizionista. Unito ad un passo lento e sincopato nell’agire.

Coronavirus è la cosa peggiore stia capitando all’Italia da quando la seconda guerra mondiale è finita. La storia politica d’Italia e i connotati della pubblica opinione assunti negli ultimi anni hanno prodotto e voluto un uomo in certo modo qualunque, un cittadino in certo modo qualunque alla guida del governo. I connotati non sono tanto dell’uomo, sono i connotati del premier che l’Italia vuole. Niente decisionismo se non di facciata. Niente caricarsi sulle spalle un paese, piuttosto parlargli ogni sera all’orecchio al paese e comunicargli un ti sto dicendo tutto. Come fosse una cura.

La cifra di governo di Giuseppe Conte (ma anche e soprattutto della volontà di popolo come si è espressa per via elettorale) è l’auto certificazione per muoversi quando i movimenti sono vietati per Decreto e giudicati dalla medicina come fonti di contagio. L’auto certificazione certifica cosa intende la gente per governo, cosa ha voluto finora sia lo Stato: una pattuglia ti ferma, ti domanda, tu rispondi una qualunque sul perché ti muovi, firmi il modulo e vai. Non viene fermato nessuno, nessuno rimandato indietro. Resteranno i moduli.

La cifra di governo di Conte è omogenea a quella di ancora una moltitudine di italiani che sì, stare a casa…ma al bar ci vado e al bar mica si può stare a un metro e mezzo di distanza…un attimino, il tempo di un caffè . La cifra di un paese dove molti negozi dello stare a un metro espongono il cartello e poi fanno entrare non uno per volta, non sia mai, come capita e come viene. La cifra di governo di Conte è condivisione e trasparenza, anche a costo di lentezza e soprattutto al prezzo di una drasticità cantata ma non imposta davvero. 

La cifra di governo di Conte è un po’, purtroppo, chiacchiere e distintivo perché così il più degli italiani concepisce sopportabile un premier. Conte è molto più la cifra reale del paese di quanto non si pensi.  Se non Conte infatti chi? Salvini che due, tre settimane fa voleva riaprire tutto (sbagliando) e oggi vuole chiudere tutto (probabilmente indovinando) ? Salvini che vive di umori e sondaggi, Salvini che concepisce e pratica la politica e quindi il governo (si è visto) come sento quel che si dice in giro e ne faccio un video o, se posso, una circolare ministeriale? Degli altri e altre dire non cale.