Inps, Di Maio aveva chiesto: quanti contributi in meno? E ora l'assalto alla Cassa Inps, Di Maio aveva chiesto: quanti contributi in meno? E ora l'assalto alla Cassa

Inps, Di Maio aveva chiesto: quanti contributi in meno? E ora l’assalto alla Cassa

Inps, Di Maio aveva chiesto: quanti contributi in meno? E ora l'assalto alla Cassa
Inps, Di Maio aveva chiesto: quanti contributi in meno? E ora l’assalto alla Cassa

ROMA – Inps, all’Istituto Nazionale di Previdenza era stato chiesto: quanti contributi previdenziali in meno verranno dall’applicazione concreta del Decreto Dignità? [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] Era una domanda ovvia: se per legge si rende più costoso il rinnovo dei contratti di lavoro a termine è probabile che qualcuno non sarà rinnovato. E quindi: quanti contributi previdenziali in meno e quanti soldi in più all’Inps dal sovra costo imposto alle aziende?

Con tutta evidenza chi faceva all’Inps questa domanda ipotizzava, anzi prevedeva un calo del numero dei contratti. Domandava infatti quanti contratti in meno? E forniva all’Inps le cifre per calcolare quanti. Dunque non c’è dubbio, è tutto su documenti ufficiali. Carta canta: chi chiedeva all’Inps quanti contributi previdenziali in meno dal Decreto era del tutto consapevole che provare a trasformare per legge contratti a tempo determinato in posti fissi poteva portare a contratti in meno. Infatti domandava all’Inps: quanti?

E chi era che domandava, che chiedeva all’Inps quanti contributi previdenziali in meno da Decreto? Era il Ministero del Lavoro. Cioè Di Maio. Il Ministero del Lavoro, come ovvio e doveroso, chiedeva ufficialmente all’Inps di calcolare le conseguenze, piacevoli e spiacevoli, di un atto di legge. I dati tecnici, i numeri devono essere evidenziati, tutte le ipotesi vagliate. Così si fa, o si dovrebbe fare una legge. Dunque il Ministero del Lavoro ha chiesto all’Inps quanti contributi e quindi contratti di lavoro in meno. Carta canta, non c’è dubbio al riguardo. Chi lo nega si rifiuta di guardare i documenti, sa di negare il vero e butta la palla in tribuna, anzi si getta in terra a fare sceneggiata.

Il Ministero ha chiesto all’Inps: quanti? E l’Inps ha risposto: più o meno ottomila l’anno. Un giornale ha letto la relazione Inps, cosa che Di Maio e il suo staff non hanno evidentemente fatto. Equi è cominciata la sceneggiata di Di Maio: il complotto, la manina…Tutto teatro, dissimulazione. Peraltro inutile. Bastava dire: dal Decreto Dignità possibile conseguenza negativa del calo dei contratti ma conseguenza positiva sarà la trasformazione di molti contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato.

Bastava dire così, ma Di Maio non ha detto questo. Ha detto invece che i numeri devono essere fedeli al governo. Che potenti lobby (la matematica) tramano contro il governo. Ha detto Di Maio, se sa quel che dice, che l’Inps alla richiesta del Ministero del Lavoro doveva rispondere…decreto ottimo e abbondante! E punto! E ha detto soprattutto un sacco di bugie: la manina appunto. Non c’era. I tempi della relazione tecnica, arrivata sette giorni prima del Decreto spedito al Quirinale. Altro che infilata di notte. Il complotto, le lobby…ma la bugia suprema è quella di aver taciuto sul piccolo particolare che… era stato il Ministero del Lavoro a chiedere all’Inps!

Su una cosa però il presidente (ancora per poco) dell’Inps si sbaglia. Tito Boeri ha detto che Di Maio chiedendo fedeltà politica ai numeri “si allontana dalla crosta terrestre” intendendo che il Ministro del Lavoro perde contatto con la realtà delle cose. Sbagliato, due volte. Primo perché non spetta al presidente dell’Inps in audizione parlamentare esprimere giudizio di fatto politico. Secondo perché Di Maio non sta perdendo contatto con la crosta terrestre, la sta liquefacendo la crosta, il terreno della realtà. Non sono al governo in fuga dalla realtà, la stanno compromettendo.

E infatti ora vanno all’assalto della Cassa. Cassa Depositi e Prestiti, il risparmio postale e la cassaforte che detiene molti e molti miliardi. Di Maio e Salvini vogliano lì e altrove uomini di provata fedeltà e di sicura spesa. Uomini che con i soldi di Cassa Depositi e Prestiti paghino nazionalizzazioni (Alitalia, magari Ilva…). Uomini che finanzino la visione mistico magica di Paolo Savona secondo la quale se spendi 50 miliardi l’anno in investimenti ne vengono fuori 150 miliardi per flat tax e reddito di cittadinanza. Una sorta di spendi uno e guadagni quattro, un miglioramento perfino sul mistero dell’uno e trino.

Vanno all’assalto della Cassa e non tollerano che uno normale, un ministro normale, il loro ministro Tria voglia alla guida della Cassa uno normale. Hanno fatto sapere a Tria, tramite esponente M5S che vuole mantenere anonimato e che però parla con tutti i Tg, che se Tria pensa di spaventarli con impennata dello spread susseguente a sue dimissioni, “non ci conosce”.

Non sono quelli al governo in fuga dalla realtà e non sbatteranno il muso contro la realtà. La stanno trivellando la realtà, realtà che ad ogni settimana si fa dunque più paludosa, infida, insalubre.

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