Marcello Dell’Utri in Libano per restarci: estradizione difficile

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Aprile 2014 - 11:47 OLTRE 6 MESI FA
Marcello Dell'Utri in Libano per restarci: estradizione difficile

Marcello Dell’Utri in Libano per restarci: estradizione difficile

ROMA – Marcello Dell’Utri in Libano per restarci: estradizione difficile. Perché Marcello Dell’Utri ha scelto di fuggire scegliendo il Libano come rifugio senza nascondere in qualche modo la propria identità quando si è presentato alla concierge del lussuoso hotel Phoenicia a Beirut? Carlo Bonini su Repubblica di oggi spiega che c’è del “metodo” nella apparente illogicità delle scelte dell’ex senatore di Forza Italia. Dell’Utri avrebbe esibito il suo passaporto con l’intenzione deliberata di restare ospite a lungo del Phoenicia. In Italia, come dimostra l’esultanza del ministro dell’Interno Angelino Alfano (aspramente criticato dagli ex alleati di partito) alla notizia dell’arresto, si è fatto troppo affidamento sul protocollo che disciplina le procedure di estradizione tra Libano e Italia, in vigore dal 1975, considerato, a torto suggerisce Bonini, una pura formalità.

A una lettura più attenta dell’accordo bilaterale, non deve sfuggire come all’articolo 21 sia stabilito che l’estradizione è subordinato alla sentenza definitiva di condanna da parte dell’ultimo grado di giudizio, cioè della Corte di Cassazione. La quale ha accolto proprio oggi la richiesta di rinvio della udienza finale da parte della difesa di Dell’Utri (motivi di salute per uno degli avvocati, appuntamento il 9 maggio). Il Libano, in sostanza, non ha alcun obbligo all’estradizione in assenza della condanna definitiva: “In questo caso — recita la norma — l’estradizione verrà concessa soltanto se le autorità libanesi riterranno che esistono prove sufficienti che avrebbero consentito il rinvio a giudizio dell’imputato in Libano“.

Significa, in pratica, che si celebrerà un nuovo processo in Libano per accertare che le prove siano sufficienti. Bisognerà tradurre in arabo l’enorme fascicolo a suo carico (testimonianze, intercettazioni) con la ragionevole previsione che in fase dibattimentale si aprano spazi rilevanti per “possibili vizi di forma e obiezioni di merito”. Passeranno altri lunghi mesi con il rischio che anche qui il processo si politicizzi, nel senso cioè che la difesa potrebbe denunciare la persecuzione giudiziaria a fini politici della sentenza italiana, rallentando ulteriormente il corso della giustizia libanese.  Comunque sia, la fuga in Libano è stata tutt’altro che estemporanea, ma profondamente meditata.