Trasparenza Rai: il “borderò” degli stipendi nei titoli di coda dei programmi, fa discutere la proposta del Pdl

Pubblicato il 19 Maggio 2010 - 16:21 OLTRE 6 MESI FA

Sergio Zavoli

Immaginate un telegiornale che alla fine manda in onda gli stipendi dei giornalisti. Oppure un talk show che pubblica i compensi di conduttori, ospiti, opinionisti. Vengono mandati in onda i titoli di coda e a fianco ad ogni nome quanto prende a fine mese. Per la trasparenza e per smuovere l’opinione pubblica sui maxi compensi Rai. Di questo si è discusso oggi in un’animata riunione in commissione di Vigilanza. Un teatrino che è andato in scena proprio all’indomani della recissione consensuale del contratto Rai di Michele Santoro.

La proposta di pubblicare i compensi nei titoli di coda dei programmi Rai di servizio pubblico è arrivata dal Pdl. Al solo udire la proposta, i membri del Pd si sono espressi contro la “gogna mediatica” ma poi hanno proposto la pubblicazione dei dati sul sito web dell’azienda. Insomma, tutti d’accordo sulla pubblicazione dei compensi. Differenze di vedute solo per i modi e i mezzi. Ora si dovranno però individuare quali sono questi programmi “di servizio pubblico” che, per primi, potranno eventualmente pubblicare i compensi.

Proprio su questo si è espresso il presidente della commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli, che ha sottolineato la necessità di stabilire i criteri per distinguere i programmi Rai. “Io vedo non più di un paio di programmi che possono essere definiti di servizio pubblico – ha detto Zavoli – Quello che si vede nel pomeriggio in televisione ad esempio non ha nulla di servizio pubblico, così come ci sono gentildonne che non corrispondono affatto alla doverosità di tale servizio. Rendendo pubblici gli stipendi, in mancanza di criteri di categorizzazione dei programmi, l’opinione pubblica si trasformerebbe in un tribunale che mette sotto sequestro quest’idea. Eppure una tv che sta sul mercato deve seguire le regole dello star system. Occorre quindi ritrovare la misura non sul piano dell’atteggiamento bulgaro”.

Dal Pd il capogruppo Fabrizio Morri ha invitato a non agire “sull’onda del caso Santoro che ha dimostrato come alla casta appartengano altre figure rispetto ai politici”: Il vicepresidente Giorgio Merlo (sempre del Pd) ha eccepito che “i titoli di coda con i compensi durerebbero alcuni minuti”, mentre Paolo Gentiloni ha chiesto di “evitare la gogna mediatica”.

Dal Pdl, il capogruppo Alessio Butti ha replicato che “non c’é alcuna gogna perché i cittadini che pagano il canone hanno il diritto di sapere” e che “il tema dei costi delle produzioni esterne va affrontato non solo quando fa comodo”.