Riforme, Berlusconi teme il “fuoco amico”

Pubblicato il 9 Aprile 2010 - 21:08 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

Le riforme, dopo le elezioni regionali, sono il banco di prova su cui Silvio Berlusconi si giocherà la sua “sopravvivenza” politica. Ma in questa decisiva partita, il leader del centrodestra sembra temere più il ‘fuoco amico’ dell’opposizione.

Il premier ne ha parlato in questi giorni con i più stretti collaboratori. Ha ragionato con loro sugli ostacoli che si frappongono all’ammodernamento dello Stato. Da un lato Berlusconi  può contare su una maggioranza solida, ricompattata dal voto di fine aprile. Allo stesso modo può far affidamento sulla Lega Nord, con cui l’asse resta solido e senza incrinature. La forza del Carroccio e le sue ‘fughe in avanti’, infatti, non sembrano spaventarlo più di tanto. Anzi, possono tornare utili nello slancio riformatore, sapendo bene che sarà lui a raccogliere i frutti delle riforme, in termini di consensi elettorali.

Il rischio, semmai, è un altro: ai fedelissimi ha confidato che il vero pericolo verrà dall’interno del Pdl, da chi è tentato dal remare contro. L’obiettivo sarebbe quello di mettere a repentaglio proprio le riforme: a cominciare dal semipresidenzialismo, ma non solo. Anche perché l’ammodernamento del fisco, se portato a termine, offrirebbe a Berlusconi uno straordinario volano elettorale per il 2013. Nel suo entourage si evitano accuratamente nomi. Ma è facile pensare innanzitutto a Gianfranco Fini. Basta guardare ai distinguo del co-fondatore del Pdl sulla legge elettorale da accompagnare al modello francese. Non è difficile intuire che l’impressione che si ha dall’osservatorio di palazzo Grazioli è che il presidente della Camera punti unicamente a logorare il premier.

Ma oltre all’ex leader di An, il premier individua anche altri possibili ‘nemici’ interni. Nomi, almeno per il momento non filtrano. I fedelissimi del premier si limitano a riflettere sui tanti che aspirano a raccoglierne l’eredità politica. A quelli che pensavano di farsi avanti nel 2013, ma che ora iniziano a temere che quel passo indietro sia nuovamente rimandato. Un dubbio che non sembra tanto campato in aria. Soprattutto se fra tre anni Berlusconi dovesse avere in tasca le riforme, a cominciare dal semipresidenzialismo. E’ vero che il premier, come ripetono da tempo i suoi più stretti consiglieri, sarebbe pronto a farsi da parte, ma ciò solo ove individuasse qualcuno in grado di raccogliere la sua eredità. Ma questo qualcuno, almeno secondo Berlusconi, ancora non c’é.

Quanto alle riforme, per scongiurare possibili veti interni Berlusconi punta sugli organi di partito che dovranno ‘blindarle’. Nel Pdl deciderà la maggioranza e la minoranza si adeguerà, ha ripetuto per settimane il Cavaliere, intenzionato a fare delle riforme la madre di tutte le sue battaglie politiche. Un capitolo a parte merita il rapporto con l’opposizione. Il premier si è detto più volte disponibile al confronto, anche per rispettare i pressanti inviti del Quirinale in quella direzione.Da qui a dire che si faranno riforme condivise, però, ce ne passa. Lo spettro del referendum, dunque, è dietro l’angolo. E per scongiurare una replica di quanto avvenne nel 2006, quando la riforma costituzionale venne bocciata dal voto,  sta già pensando alle contromisure. Una decisone non è ancora stata presa, ma i più stretti consiglieri del premier accarezzano una soluzione: riunire tutte le riforme in un unico disegno di legge. Solo così, accorpando tutte le modifiche costituzionali (dal semipresidenzialismo, alla riduzione del numero dei parlamentari; dalla giustizia, al Senato federale) in un unico pacchetto, si potrebbe contrastare il ‘rischio-quorum’. Una via, questa, che però già registra l’opposizione di Fini e, pare, della Lega.