Roma, Torino, Catania…quanti anni di vita restano alle città italiane? Solo da 60 a 103. Tranne Milano e l’Emilia

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 4 Ottobre 2021 - 09:55 OLTRE 6 MESI FA
Roma, Torino, Catania...quanti anni di vita restano alle città italiane? Solo da 60 a 103. Tranne Milano e l'Emilia

Roma, Torino, Catania…quanti anni di vita restano alle città italiane? Solo da 60 a 103. Tranne Milano e l’Emilia FOTO ARCHIVIO ANSA

Demografia…sì, va bene ma, in concreto, che ce ne viene? Sulla demografia non una parola nel cosiddetto dibattito politico, neanche una lite nei talk show, niente comitati contrapposti, zero agitazione sui social. Insomma, in sostanza e in semplificazione un po’ volgare, che ci frega della demografia. Però la demografia ignorata è lei che ci frega. E non poco.

Sotto i 60 milioni e a scendere verso…

In tre anni e cinque mesi, dal gennaio 2018 al 31 maggio 2021 gli abitanti dell’Italia sono diminuiti da 60.483.973 a 59.126.079.  In meno 1.357.894 di anime vive. A questo ritmo, demografico appunto, ritmo confermato dalla natalità 2021 già oggi stimabile a meno di 400 mila nati (stina Istat) succede che…

Italiani? Trenta milioni tra qualche decennio

A questo ritmo demografico l’Istat calcola e stima la popolazione italiana possa calare e quindi attestarsi su un valore di 30 milioni di abitanti, la metà di quanti eravamo fino ad ieri. Sì, va bene, ma tra qualche decennio. Campa cavallo…

Meno siamo meglio stiamo? Non vale se siamo più vecchi che giovani

Il problema grande e ignorato (forse perché in certa misura irrisolvibile e comunque non maneggiabile in termini di opposte propagande) è che il cavallo in queste condizioni campa sempre un po’ peggio. O meglio, mangia la stessa quantità di foraggio ma non ne produce più nella stessa quantità, quindi ad un certo punto cavallo resta senza biada. Fuor di metafora il calo demografico, anzi il crollo demografico previsto per l’Italia è enorme in quantità ma soprattutto ingestibile in qualità. Trenta milioni (o anche 40 e già 50) con percentuale crescente di anziani e calante di giovani sono ingestibili economicamente e socialmente. I costi del welfare per anziani, a partire da pensioni e sanità, si allargano e si restringe il numero di chi deve produrre reddito e ricchezza per pagarli quei costi.

Il gioco degli anni di vita delle città

Demografia alla mano il Corriere della Sera ha pubblicato gli esiti di un gioco che poi gioco non è: applicare le tendenze demografiche in atto alle diverse città italiane e vedere chi si svuota prima, quanti anni restano a ciascuna città prima di essere svuotata (dalla demografia) di anime vive. Questo gioco, condotto con calcoli rigorosi e attendibili e documentati relativi appunto all’ultimo triennio demografico, mostra che c’è un pugno di città italiane che non si svuotano, anzi.

Lunga vita a…

Milano, Verona, Bologna, Parma, Modena. E’ questa l’Italia che non si svuota di abitanti, sono queste le città che non perdono anime vive. Dove si va a vivere e dove un po’ più che nel resto d’Italia si fanno nascere nuove vite (pur all’interno di un desolante e disperante dato di 1,29 figli per donna, media alla lunga da, appunto, dimezzamento della popolazione).

Le altre città: da mezzo a un secolo di vita, non di più

All’attuale ritmo demografico Roma tra 104 anni è vuota di abitanti. Torino ci mette di meno a svuotarsi: 79 anni da oggi. Anche per Genova  stesso appuntamento ravvicinato col vuoto demografico: tra 79 anni. Venezia ne ha per 133 anni. Trieste per 161 anni. Firenze è nei massimi guai, ha solo altri 61 anni di vita demografica. Padova e Brescia tra le città di lunga vita, rispettivamente 246 e 324 anni. Ma con Napoli si torna a scendere a 119 anni e con bari si cala ancora: 99 anni prima dello svuotamento. Taranto sta peggio: svuotamento tra 70 anni.

Più o meno in contemporanea con Reggio Calabria (74 anni di vita demografica) e Palermo che di anni futuri ne ha 77. Messina svuotata tra 82 anni, Cagliari tra 103. Peggio di tutte sta Catania: game over demografico tra 60 anni. Demografia dimostra che per sopravvivere occorrono meno pensioni e più culle, demografia quindi molesta e insolente verso ciò che pensiamo, facciamo e all’occorrenza pure votiamo.