Donald Trump licenzia il consigliere John Bolton via Twitter

di redazione Blitz
Pubblicato il 10 Settembre 2019 - 20:41 OLTRE 6 MESI FA
Bolton e Trump

John Bolton e Donald Trump (Foto Ansa)

WASHINGTON  –   Cade un’altra testa nell’amministrazione Trump. L’ultimo a lasciare è John Bolton, il terzo consigliere per la sicurezza nazionale dopo Michael Flynn, costretto ad abbandonare per il Russiagate, e H.R. McMaster, entrato in conflitto con il commander in chief.

Le dimissioni di Bolton sono state annunciate dal presidente americano su Twitter: “Ero fortemente in disaccordo con molti dei suoi consigli come altri nell’amministrazione”, ha scritto Trump. Negli ultimi tempi erano montate le voci sui dissidi soprattutto tra Bolton e il segretario di Stato Mike Pompeo. Dissidi sulla linea da tenere sui principali dossier di politica estera e di sicurezza nazionale, come l’Afghanistan, l’Iran, il Venezuela e la Corea del Nord.

Secondo alcune ricostruzioni, anche il presidente Trump ormai era diventato insofferente nei confronti del falco Bolton, considerato eccessivamente interventista e accusato di non seguire la linea del presidente. 

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, secondo i media americani, sono stati i negoziati di pace con i leader talebani e la decisione di invitarli a Camp David alla vigilia dell’11 settembre, prima che lo stesso tycoon mandasse all’aria tutto per l’escalation di attentati in Afghanistan.

“Ho informato John Bolton ieri sera che i suoi servizi non sono più necessari alla Casa Bianca. Sono stato fortemente in disaccordo con molti dei suoi consigli, come altri nell’amministrazione, e quindi gli ho chiesto di dimettersi, cosa che ha fatto stamane”, ha cinguettato il presidente, ringraziando “moltissimo John per il suo servizio” e annunciando che nominerà il successore “la prossima settimana”.

I due sembrano in disaccordo anche su chi abbia preso la decisione: “Io ho offerto di dimettermi ieri sera e il presidente Trump ha detto ‘parliamone domani'”, ha twittato Bolton.

La sua partenza avviene poche ore prima di un annunciato briefing alla Casa Bianca dello stesso Bolton con il segretario di Stato Mike Pompeo. Anche tra loro i rapporti si erano guastati, con il primo ad accusare il secondo di spendere troppo tempo ad inseguire le sue ambizioni politiche e il capo della diplomazia a contestare al consigliere per la sicurezza nazionale i rischi della sua inflessibilità. Bolton, a differenza di Pompeo, si era rifiutato di andare in tv a difendere le posizioni dell’amministrazione, in particolare su Russia e Afghanistan. Invitare i leader talebani a Camp David, a suo avviso, avrebbe creato “un terribile precedente”.

Secondo fonti della Bbc, Bolton “operava separatamente dal resto della Casa Bianca” e non chiedeva quali erano le priorità del presidente ma inseguiva le proprie, entrando in conflitto anche col Pentagono.

Sottosegretario di Stato e ambasciatore all’Onu sotto il presidente George W. Bush, il settantenne Bolton era considerato un falco interventista, dall’Iran alla Corea del Nord sino al Venezuela. Privatamente Trump si era lamentato più volte che voleva trascinare gli Stati Uniti in una nuova guerra.

Le tensioni tra i due si erano aggravate quando il commander in chief aveva deciso all’ultimo momento di annullare un attacco all’Iran in risposta all’abbattimento di un drone americano e quando aveva deciso di incontrare il leader nordcoreano Kim Jong-un nella zona demilitarizzata attraversando il confine: in quell’occasione Bolton decise di non accompagnarlo e continuò il suo viaggio programmato precedentemente in Mongolia.

Ultimamente il consigliere per la sicurezza nazionale ha remato contro l’ipotesi di un incontro fra Trump e il presidente iraniano Hassan Rohani e ha criticato pesantemente i lanci di missili nordcoreani a corto raggio, sdrammatizzati invece dal tycoon. L’opposizione ai negoziati con i talebani gli è stata fatale. 

I precedenti

L’elenco di chi è stato licenziato o si è dimesso nell’attuale amministrazione americana è lunghissimo, con un turnover senza precedenti nel primo mandato presidenziale, dove Donald Trump continua a tagliare teste gridando “you’re fired” come nel popolare reality show The Apprentice che conduceva in passato.

Tra le vittime più illustri figurano l’ex segretario di Stato Rex Tillerson, l’ex capo del Pentagono Jim Mattis, l’ex procuratore generale Jeff Sessions, l’ex capo dell’Fbi James Comey e il suo vice Andrew McCabe, l’ex capo della National Intelligence Dan Coats, il capo di gabinetto John Kelly, l’ex capo stratega Steve Bannon, l’ex consigliere economico Gary Cohn.

Anche il portavoce della Casa Bianca è cambiato tre volte: ora c’è Stephanie Grisham, dopo Sarah Sanders e Sean Spicer. Sono stati costretti a dimettersi la ministra dell’interno Kirstjen Nielsen, l’avvocato della Casa Bianca Donald F. McGahn, l’altro capo di gabinetto Reince Priebus, la direttrice delle comunicazioni della Casa Bianca Omarosa Manigault Newman.

Hanno lasciato invece l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, la vice consigliera per la sicurezza nazionale Dina H. Powell, i direttori delle comunicazioni della Casa Bianca Antony Scaramucci e Hope Hicks. L’elenco, che continua con nomi meno noti e posizioni meno importanti, è di certo destinato ad arricchirsi prima della fine del primo mandato di Trump. 

Fonte: Ansa