Egitto, il governo si rimette ai militari: “Siamo nelle loro mani”

Pubblicato il 11 Ottobre 2011 - 16:27 OLTRE 6 MESI FA

IL CAIRO, 11 OTT – ”Le nostre dimissioni sono nelle mani del Consiglio Supremo delle Forze Armate, che può accettarle in qualsiasi momento”: lo ha detto il primo ministro egiziano, Essam Sharaf, in risposta a sollecitazioni rivoltegli oggi su vari siti Internet e in articoli di quotidiani egiziani in seguito ai sanguinosi scontri tra esercito e copti.

La notizia delle dimissioni del governo era circolata poco prima della dichiarazione di Sharaf, ma era stata smentita dal portavoce Mohamed Hegazy.

Secondo alcuni osservatori la dichiarazione fatta da Sharaf non sta a significare che il governo abbia presentato le dimissioni, ma che il Consiglio Supremo delle Forze Armate ha il potere, come gestore della presidenza della repubblica dopo le dimissioni di Hosni Mubarak, di decidere le dimissioni o lo scioglimento del governo, e che i suoi componenti non hanno intenzione di rimanere in carica nel caso il consiglio militare prenda questa decisione.

Sembra che il nome del Premio Nobel per la Pace ed ex numero uno dell’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (Aiea), Mahmoud el Baradei, sia stato proposto da diverse parti politiche. Nei mesi scorsi El Baradei, che il 23 settembre ha iniziato la sua campagna per le elezioni presidenziali, ha rilasciato diverse interviste nelle quali indicava la sua disponibilità a guidare un nuovo governo.

Già nel primo pomeriggio il ministro delle finanze e vice primo ministro egiziano, Azem el Beblawi, si era dimesso per protesta contro l’uso eccessivo della forza negli scontri tra copti ed esercito domenica scorsa davanti alla sede della tv di stato al Cairo.  Anche in questo caso, però, una fonte militare ha smentito le dimissioni del ministro, alle quali invece Sharaf – secondo una notizia dell’agenzia MENA – ha fatto riferimento durante una conferenza stampa con il vicepresidente sudanese Ali Osman Taha. Sharaf ha affermato che anche le dimissioni di Beblawi sono ancora in discussione.

Sempre oggi l’Alto commissario dell’Onu sui diritti umani ha esortato le autorità egiziane a garantire la protezione della libertà di associazione ed espressione ”per tutti”, minoranze incluse, e ad assicurare ”l’imparzialità e l’indipendenza” di ogni indagine sugli eventi di domenica scorsa, quando ”almeno 24 persone”, in maggioranza cristiani, sono rimaste uccise negli scontri al Cairo durante una protesta contro la distruzione di una chiesa ad Assuan.

”Ci rammarichiamo per la perdita di vite umane e per le persone rimaste ferite mentre esercitavano il loro diritto alla libertà di associazione ed espressione”, ha detto il portavoce Onu Rupert Colville. ”Esortiamo le autorita’ ad assicurare la protezione di tutti, inclusi i gruppi di minoranza, nell’esercizio di tali libertà. Chiediamo inoltre alle autorità di garantire l’imparzialità e l’indipendenza di qualsiasi inchiesta sull’incidente”.

Le violenze nel Paese hanno avuto ripercussione anche sul calcio: le autorità infatti hanno deciso che non si giocherà più in Egitto il torneo africano di qualificazione olimpica di calcio per Londra 2012. L’annullamento è dovuto a motivi di sicurezza per la coincidenza delle elezioni in programma il 28 novembre.

Il torneo è in calendario dal 26 novembre al 10 dicembre. Otto le squadre impegnate: Algeria, Egitto, Gabon, Costa d’Avorio, Marocco, Senegal, Sudafrica e Nigeria. Le prime tre si qualificano direttamente per le Olimpiadi, la quarta giocherà i playoff contro una squadra asiatica.