India, per i due marò solo galera: l’Italia richiama l’ambasciatore

Pubblicato il 18 Maggio 2012 - 16:19 OLTRE 6 MESI FA

I due marò (foto Lapresse)

ROMA – Di certo i due marò italiani in India non verranno rilasciati a breve o a medio termine e ne è un segnale il fatto che l’ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Giacomo Sanfelice, sia stato richiamato a Roma.

E’ un passo prima della rottura, il segno di una trattativa fallita o che sta praticamente fallendo. Per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone la speranza di rimettere piede in Italia presto si fa sempre più impalpabile.

Il governo ora dispera di riaverli a casa, almeno in tempi ridotti. Si era parlato di giugno, ma nel corso delle settimane i tempi si sono sempre più allungati e adesso le famiglie chiedono di “sbattere i pugni sul tavolo”.

Una nota del ministero degli Esteri riferisce che ”alla luce degli sviluppi della situazione in Kerala e dei capi di imputazione a carico dei due militari italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, l’Ambasciatore a New Delhi Giacomo Sanfelice è stato richiamato a Roma per consultazioni con il Governo”.

Qualche giorno fa si era pensato che la battaglia per fare uscire dal carcere i due militari coinvolti nell’uccisione di due pescatori indiani il 15 febbraio scorso potesse finire con una vittoria, almeno a metà. Invece quel passo avanti che sembrava ormai fatto si è ridotto a un semplice movimento senza alcuna conseguenza. La colpa, probabilmente, è dei tempi lumaca delle autorità di polizia indiane.

Dopo tre mesi di tira e molla i marò sono ancora in carcere, a Pujanpoora è andato anche il sottosegretario Staffan de Mistura.

Così c’è stata un’accelerazione: la polizia indiana ha presentato il 18 maggio nel tribunale di Kollam il dossier contenente i capi di accusa contro Latorre e Girone. La decisione era attesa per il 19 maggio, giorno di conclusione del periodo di 90 giorni previsto dalla legge indiana per la carcerazione preventiva, dopo il quale scattava la possibilità della libertà dietro cauzione.

Secondo il quotidiano The Indian Express, Kumar dovrebbe chiedere il processo di Latorre e Girone in base a quattro sezioni del codice penale: 302 (omicidio); 307 (tentato omicidio); 427 (azioni che hanno comportato danni) e 34 (associazione per delinquere). Nell’elenco c’è anche l’accusa di violazione della Convenzione internazionale per la repressione di atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima del 1988 che stabilisce la giurisdizione territoriale di uno Stato fino a 200 miglia nautiche dalla costa.

L’INSOFFERENZA DELLA FAMIGLIA LATORRE: “SBATTETE I PUGNI SUL TAVOLO” Christian D’Addario, nipote del marò Latorre subito dopo la notizia ha parlato a nome della famiglia scagliandosi contro questi continui rinvii: ”Quello che è successo è niente di più e niente di meno di quello che ci aspettavamo. Sapevamo che allo scadere della carcerazione preventiva dovevano arrivare i capi di imputazione, ma quello che chiediamo al governo è di cominciare a battere i pugni sul tavolo”.

“Oggi sono 90 giorni che i nostri marò sono in carcere e anche se sono militari, abituati dunque ad affrontare situazioni difficili,comincia ad essere duro non vedere una via d’uscita”, dice D’Addario.

”Massimiliano e Salvatore vivono ogni giorno aspettando il momento di poter telefonare alle loro famiglie, di sentire che siamo con loro. E anche se il Governo e le autorita’ finora non hanno mai fatto mancare il loro sostegno – prosegue il nipote di Latorre – è ora di fare qualcosa di concreto per questi ragazzi che si sono ritrovati loro malgrado stritolati in un meccanismo di equilibri politici e diplomatici fatto di tattiche e di continui rinvii”.

”Noi ci appelliamo al governo perché alle parole seguano i fatti, perché a Massimiliano e Salvatore che non sono criminali, ma militari e cittadini di questo Paese, sia restituito il loro status e la loro dignità insieme alla possibilità di veder tutelati i loro diritti”