Usa-Cina, alla Casa Bianca una sedia vuota per Liu Xiaobo

Pubblicato il 17 Gennaio 2011 - 19:01 OLTRE 6 MESI FA

Barack Obama

Una sedia vuota davanti ai cancelli della Casa Bianca. Per ricordare tutti quei cinesi ”che non possono partecipare ai pranzi di Stato” perché perseguitati e arrestati dal loro governo per la loro religione o le loro idee politiche. Ma anche per evocare la sedia rimasta vuota a Oslo, quando Liu Xiaobo non fu autorizzato a ricevere il suo premio Nobel per la Pace.

Sarà quello il simbolo della protesta che scatta domani, 18 gennaio, alla vigilia dell’arrivo del presidente cinese Hu Jintao a Washington, organizzata dal reverendo Patrick J. Mahoney, direttore del Christian Defense Coalition.

Il suo obbiettivo non è solo il regime cinese, ma anche l’amministrazione Obama, colpevole a suo dire di ”rimanere troppo spesso in silenzio di fronte alle continue violazioni dei diritti umani in Cina”. ”Proprio il giorno in cui si ricorda Martin Luther King – scrive Mahoney – chiediamo a Obama di alzare la voce su questo tema”. Il reverendo non è nuovo a questo tipo di proteste: nell’agosto del 2008, in occasione delle olimpiadi di Pechino, venne arrestato mentre manifestava contro il governo in Piazza Tienanmen.

E il tema della tutela dei diritti umani sarà certamente uno dei temi al centro della visita di Hu negli States. Barack Obama sa bene di essere il primo presidente americano, tra l’altro Premio Nobel per la pace, a ospitare il capo di uno Stato straniero che sta tenendo in prigione un altro premio Nobel. Una materia che scotta, tanto che lo stesso Obama lo scorso 13 gennaio ha incontrato alla Casa Bianca alcuni tra i maggiori esperti di diritti umani in Cina.

Alla riunione ha partecipato Andrew Nathan, della Columbia University, Zha Jianying, uno scrittore cinese esperto nella cultura giovanile cinese, Paul Gewirtz, fondatore del China Law Center at Yale University, Bette Bao Lord, militante per i diritti civili, nata in Cina e moglie dell’ex ambasciatore americano in Cina, Winston Lord, e Li Xiarong, un difensore dei diritti umani in Cina sin dagli anni ’80, che ora vive in esilio negli Usa. In particolare Zha è firmatario di Charter 08, una petizione a favore della libertà e della democrazia che Liu Xiaobo, ha collaborato a scrivere e diffondere.

Al termine della riunione sono emersi tanti punti di vista. Tuttavia, rivela una fonte della Casa Bianca al Washington Post, è certo che Barack Obama è pronto a ”porre la questione nell’agenda degli incontri” con il suo interlocutore durante la visita.

Nel luglio del 2009, accogliendo una delegazione cinese a Washington, guidata dal vicepremier Wang Qishan, aprendo il suo intervento, Obama lanciò una sorta di ”diplomazia del basket”, che ricordò molto quella del ping pong, che permise negli anni ’70 di far incontrare Richard Nixon e Mao, dopo ventidue anni di gelo.

A dargli una mano, la sua grande passione per la pallacanestro. Così ebbe gioco facile a citare Yao Ming, un giocatore cinese, stella degli Houston Rockets: ”Come dice lui, non importa se sei un giocatore esperto o se sei agli inizi. Comunque hai bisogno di tempo per adattarti al gioco di squadra. Per questo, a partire da oggi, disse quel giorno, sono fiducioso che insieme faremo come ci ha detto Ming e raggiungeremo il suo livello.”

Sono passati 17 mesi e quel ”gioco di squadra” sembra ancora un miraggio. Chissà se stavolta, nel vertice tra i leader che si apre il 20 gennaio, si registreranno passi avanti e se il 44esimo presidente degli Stati Uniti riuscira’ a superare con successo questo ennesimo importante test per la sua presidenza.

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