Imu 2013, Le Iene e le lobby al Parlamento, Epifani: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Maggio 2013 - 09:18 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Un decreto per i giovani e lavoro”. Pagare le imprese si può fare subito. Editoriale di Francesco Giavazzi:

“Dopo 23 mesi consecutivi di decrescita, con un livello della produzione industriale inferiore del 10% al livello del 2008, e un tasso di disoccupazione che sfiora il 12%, il fatto che le pubbliche amministrazioni continuino a non pagare quanto devono alle imprese è francamente criminale. Le fatture non saldate sono stimate in circa 100 miliardi di euro, una cifra enorme, pari al 6% del Prodotto interno lordo. Se un’impresa fallisce perché lo Stato non paga ed essa a sua volta non riesce a pagare i suoi fornitori, quell’impresa non c’è più. Non è che quando arriva il pagamento l’imprenditore la riapre. Quell’impresa è scomparsa e basta.
Dopo aver rimandato il problema per sedici mesi, l’8 aprile il governo Monti ha adottato un decreto che prevede, per quest’anno, pagamenti per 20 miliardi: un quinto del totale. Perché non tutti? Il 18 marzo la Commissione europea aveva scritto (comunicato congiunto dei vicepresidenti Rehn e Tajani): «La liquidazione del debito commerciale pregresso si rifletterebbe in un corrispondente aumento nel debito pubblico. La parte di questo corrispondente a spesa per investimenti avrebbe anche un impatto sul deficit pubblico». Nonostante il tono severo, ciò significa che la maggior parte dei debiti commerciali (tranne quelli derivanti da spese per investimenti) sono già registrati nei conti pubblici per competenza, cioè nella misura del deficit pubblico rilevante per i vincoli europei. Nel momento in cui verranno saldati, il Tesoro, per pagare, emetterà titoli pubblici: non cambierà il deficit, ma si alzerà il livello del debito. Tuttavia solo un investitore sprovveduto già non conteggia quei titoli nel totale del debito pubblico”.

Pochi fondi e piazze senza folla, i rebus dei 5 Stelle. Articolo di Emanuele Buzzi:

“Il rebus delle piazze anima i Cinque Stelle. Alla vigilia delle Amministrative sul web corre una guerra di numeri e opinioni. Cifre che non hanno a che fare solo con le presenze, ma che si legano anche ad esigenze pratiche. Come la raccolta fondi da giorni presente sul blog con un appello di Beppe Grillo: un invito che fino a ieri pomeriggio ha ricevuto una risposta esigua, nonostante il risalto dato all’iniziativa. A cinque giorni dal comizio finale del leader in piazza del Popolo per sostenere la candidatura di Marcello De Vito nella capitale, il Movimento 5 Stelle Roma ha raccolto il 10% circa delle donazioni necessarie per coprire i costi dell’evento (stimati in 40 mila euro). Ad indicarlo un contatore (non più presente, forse temporaneamente, nelle ultime ore di ieri) nella pagina dedicata sul sito web dei pentastellati romani”.

La furia dei salafiti tunisini. Arrestata Amina. Articolo di Francesco Battistini:

“Bastava un nonnulla. E a un certo punto ieri, nell’alba vuota di Kairouan, la quarta città santa dell’Islam che da due giorni era pattugliata a ogni angolo da undicimila gendarmi e guardie antiterrorismo, di colpo nelle strade deserte è comparso dal nulla un uomo. Il nonnulla, appunto. Un uomo solo. Silenzioso. Di corsa. Col barbone, un sorriso beffardo. Avanti e indietro, sotto il naso d’un ufficiale. «Faceva jogging», dicono i suoi. «Una provocazione», sostiene la polizia. Quell’uomo si chiama Saifeddin Rais ed è il portavoce di Ansar Al Sharia, i partigiani della legge islamica, i salafiti che non riconoscono la nuova Tunisia nata dalle ceneri di Ben Ali. E a Kairouan, dove iniziò la conversione musulmana del Maghreb, dove la leggenda vuole sgorghi la stessa acqua della Mecca, dove il governo aveva vietato che si tenesse l’annuale congresso salafita, Rais era venuto lo stesso. Settecento dei suoi al seguito. Pronti a farsi arrestare. A dare battaglia”.

La prima pagina de La Repubblica: “Un piano per i giovani disoccupati”.

La Stampa: “Epifani, attacco sulla giustizia”. Wall Street, il malato è guarito. Editoriale di Francesco Guerrera:

“Il toro di Wall Street è pronto a caricare. Dopo anni di vacche magre, le banche americane sono di nuovo all’attacco, decise a recuperare il tempo, e i soldi, perduti durante la crisi finanziaria. Me l’ha spiegato l’altro giorno uno dei signori della finanza americana, mentre approfittavamo della prima giornata primaverile a New York per fare una passeggiata nel Financial District. Quando siamo arrivati al toro – la famosissima scultura in bronzo di Arturo Di Modica – mi ha detto: «Finalmente ci sentiamo così». E ha puntato alla massa bronzea dell’animale, con le narici dilatate, i muscoli tesi e gli occhi a palla. Pronti all’assalto”.

Fondi Ue, l’Italia spreca ancora mezzo miliardo tra errori e burocrazia. Scrive Marco Zatterin:

“Ai piani alti della Commissione Ue, negli uffici dove si smista e controlla il tesoro dei fondi comunitari, la Calabria è definita un «evidente caso di limitata capacità amministrativa». A Reggio tutto si combina perchè gli sforzi producano magri risultati, «l’autorità responsabile per l’audit non fa bene il lavoro, quella di gestione lo fa solo in parte, molti beneficiari non sono in grado di realizzare correttamente i progetti». Non sorprende che Bruxelles, dopo aver studiato le carte, sia spesso costretta a bloccare i rimborsi allo Stato, che i denari li ha anticipati. Sarebbero soldi facili, sulla carta. Ci spettano e non arrivano, in tempo di crisi è un disastro, non c’è nemmeno il falso alibi della frode. Sono solo errori. Errori burocratici e operativi. Succede anche fuori dalla punta dello stivale. Il risultato è che, stando all’ultimo conteggio, l’assegno comunitario che spetta all’Italia e che l’Italia non incassa è di 587 milioni: metà del necessario per rifinanziare la cassa integrazione. Nell’ambito del programma di interventi strutturali con cui l’Ue sostiene gli stati è una somma ridotta, eppure costituisce al contempo un indice di spreco e uno di cattiva grazia amministrativa, in breve lo specchio di ciò che da noi non va. «E’ una burocrazia farraginosa», riassumono a Bruxelles, un sistema che fatica a progettare, investire e persino a farsi pagare, «vittima di sé stessa più che del malaffare». I numeri sono grigi, pur se qualcosa sta cambiando. Nel novembre 2011, al decollo del governo Monti con Fabrizio Barca, le nostre Regioni avevano consumato il 18% degli stanziamenti Ue per il periodo 2007-13 (53,6 miliardi). A marzo, siamo saliti al 40%. Di qui al 2015, termine ultimo per usufruire degli assegni a dodici stelle, dobbiamo riuscire a spendere 16,5 miliardi. Si può fare, anche se a Bruxelles si stima che un terzo della posta potrebbe non avere ancora una via di aggiudicazione precisa. «L’Italia ha compiuto concreti progressi nell’ultimo anno – assicura il commissario per le politiche regionali, l’austriaco Johannes Hahn, al solito cooperativo -, è riuscita a prendere di petto i problemi e spendere questi importanti fondi, vitali come leva economica per invertire il ciclo e combattere la disoccupazione». Il tasso di assorbimento in regioni come la Puglia e la Basilicata, stimano fonti europee, è quasi in linea con la media continentale. Campania e Calabria permangono invece in difficoltà. «La Sicilia è più forte – assicurano i tecnici -, ma soffre il ciclo politico e la lentezza del cambiamento». I meccanismi sono lineari e blindati. La formula standard prevede che l’Ue stanzi i soldi, a livello locale si predispongano i progetti, Bruxelles li approvi, e il governo italiano anticipi i finanziamenti. A cantieri chiusi, dalla Ragioneria viene la richiesta di rimborso alla Commissione che, a sua volta, verifica che carte e iter siano a posto, la natura delle opere e le ragioni degli appalti. Se qualcosa torna, si interrompe il pagamento, delibera tecnica che diventa politica quando sottoposta al Collegio dei commissari. A quel punto si chiama «sospensione», in vigore sino a che la documentazione non è completata. Fra interrotti e sospesi, i soldi europei che l’Italia non riceve sono appunto 587 milioni. Un parte fa capo al programma operativo regionale Calabra, regione di cui si sono già detti i limiti. Interruzioni riguardano i programmi operativi Energia, Sicurezza e Sviluppo, Cultura, e nei piani regionali di Basilicata e Toscana. «Ci sono dei paradossi – spiega una fonte -. Campania e Sicilia hanno la peggiore amministrazione e nessun rimborso congelati». Chi poco fa, meno sbaglia, in effetti”.

La prima pagina de Il Giornale: “Pagati dalle lobby”.