Marco Travaglio: Pg Cassazione fa politica dicendo a Ingroia di non farla

Pubblicato il 27 Ottobre 2013 - 10:44 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio: Pg Cassazione fa politica dicendo a Ingroia di non farla

Giorgio Napolitano. Bersaglio fisso di Marco Travaglio

Marco Travaglio, sul Fatto di domenica 27 ottobre, parla dei rapporti tra magistrati e politica, con un titolo un po’ misterioso e esoterico, “Ass. Naz. Schifati”.

“Ma che gli dice il cervello ai vertici dell’Associazione nazionale magistrati?”

Al loro congresso nazionale, “a disquisire di “Giustizia e politica”

hanno invitato Renato Schifani,

indagato per mafia a Palermo. La Procura aveva chiesto di archiviarlo per decorrenza dei termini per indagare, pur avendo raccolto accuse di pentiti molto credibili e accertato i rapporti con uomini d’onore. Senza contare l’imbarazzante elogio di Riina (“Schifani una mente è!”) in un colloquio in carcere nel 2008″.

Schifani, scrive Marco Travaglio,

“troneggiava al congresso Anm accanto all’inseparabile Anna Finocchiaro, che fa coppia fissa con lui da quando, alla sua elezione a presidente del Senato nel 2008 (grazie anche all’incredibile astensione del Pd), lo applaudì e lo baciò sulla guancia”.

“Nessuno, in sala, ha posto il problema dell’opportunità di quella presenza, a parte la nostra Antonella Mascali, cui veniva risposto con un certo fastidio che Schifani non era lì come indagato per mafia, ma come capogruppo Pdl in Senato”.

“Ora Schifani è passato tra i buoni, perché ha mollato Berlusconi che l’aveva creato dal nulla in tandem con Alfano. Insomma, è la nuova architrave del governo Letta- Napolitano. E le larghe intese che ammorbano l’Italia vanno a inquinare anche l’Anm, che dovrebbe occuparsi d’altro. Per fortuna il giudice Morosini, trattenuto a Palermo da impegni di lavoro, non era presente in sala: altrimenti avrebbe potuto ascoltare la lezioncina del suo indagato. Al congresso mancava anche il pm Nino Di Matteo, che indaga su Schifani e sulla trattativa Stato- mafia, guarda caso bersagliato da continue minacce di attentato.

“Forse non voleva incontrare, oltre a Schifani, certi “colleghi” della Procura della Cassazione e del Csm che da oltre un anno fanno a gara nell’isolarlo con inaudite azioni disciplinari. Almeno l’Anm, il sindacato dei magistrati, avrebbe potuto compiere il bel gesto di invitarlo per rompere l’asfissiante isolamento. Come ha fatto con Alessandra Galli, la giudice del processo Mediaset insultata da Berlusconi.

“Ma, com’è noto, Di Matteo è detestato anche dai partiti di centro e di sinistra, avendo chiesto e ottenuto (dallo stesso Morosini) il rinvio a giudizio di Dell’Utri (Pdl), Mannino (Udc) e Mancino (Pd) per la trattativa. Ed è inviso anche al Quirinale, che gli ha scatenato il conflitto alla Corte costituzionale per aver osato intercettare Mancino mentre parlava con Napolitano e il suo consigliere D’Ambrosio per condizionare le indagini tramite il Pg Gianfranco Ciani.

“Insomma, anche per l’Anm, Berlusconi non può attaccare la magistratura, ma il Quirinale sì. Infatti l’Anm non ha invitato Di Matteo, ma Ciani, che ha subito proposto e ottenuto una standing ovation per D’Ambrosio, per la gioia di Napolitano seduto in prima fila.

È lo stesso Ciani che, per ordine del Colle, convocò Grasso per parlare dell’avocazione dell’inchiesta sulla trattativa; poi, in conflitto d’interessi, avviò l’azione disciplinare contro Di Matteo; e ora deve testimoniare al processo, come il capo dello Stato. Alla fine il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce, già commensale di Previti, s’è scagliato contro i magistrati che si candidano (uno a caso: Ingroia), i “processi mediatici”, il “populismo giudiziario” che scambia “la giustizia per uno show o un carro di carnevale”. E ha invitato a chiudere “lo sterile match frontale tra politica e giustizia”.

“Mentre lo diceva, forse senza neppure accorgersene, faceva molta più politica di qualunque magistrato candidato. Una politica di larghe intese, l’unica ormai consentita in questo povero Paese”.