Marò, Monti usò Squinzi per rimandarli un India. Pierangelo Maurizio su Libero

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Febbraio 2014 - 13:15 OLTRE 6 MESI FA
Salvatore Girone, Massimilian Latorre (LaPresse)

Salvatore Girone, Massimiliano Latorre (LaPresse)

ROMA – Nel caso dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone entra una lettera di Giorgio Squinzi a Mario Monti che, diffusa oggi, sembra un po’ un metter le mani avanti da parte di Squinzi per dimostrare che da parte sua non ci furono pressioni che compromisero il futuro dei marò e che tutta la colpa fu di Mario Monti, all’epoca presidente del Consiglio.

La lettera viene rivelata su Libero da Pierangelo Maurizio, che sembra non aver riletto un suo articolo di 10 giorni fa, in cui appare chiaramente che la colpa è si di Monti ma il povero Giulio Terzi, ministro degli Esteri, l’aveva detta giusta.

Se si vuole sbrogliare il pasticciaccio dei marò tenuti da due anni in ostaggio in India – e soprattutto se si vuole riportarli acasa – bisogna trovare le varie tessere. I vari ingredienti di un affare che ha minato, con l’ultimo scorcio delgoverno Monti econ l’inte – ro governo Letta, la credibilità dell’Italia. Uno dei passaggi meno conosciuti è la lettera, datata 15 marzo 2013, spedita e firmata dal presidentedi Confindustria,Giorgio Squinzi, al premier Mario Monti. Lettera che, in questa partita, è stata giocata come una carta piuttosto convicente per rispedire Girone e Latorre a New Delhi, «per non mancare alla parola data» e per «evitare gravi ripercussioni economiche» sul made in Italy come si disse allora da Palazzo Chigi.

Così, il 22 marzo, i due fucilieri di marina vengono impachettati sull’aereo, destinazione l’inferno della giustizia indiana, al termine del secondo permesso di un mese da trascorrere in Italia per votare, concesso dalle autorità indiane. Il momento è dei più delicati. L’11 marzo il ministro agli Esteri Giulio Terzi «a nome di tutto il governo » dichiara che i marò non faranno ritorno sotto le forche caudine indiane, per la palese violazione da parte dell’India della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare che affida a un arbitrato internazionale gli incidenti avvenuti nelle acque internazionali come quello della Lexie. Il 18, con un comunicato che è tuttora sul sito della Farnesina, sempre «a nome di tutto il governo» Terzi ribadisce la decisione dell’Italia, dopo un incontro al Quirinale con Napolitano al quale non aveva potuto partecipare Monti. Il che ha suscitato qualche moto di stizza nel premier. Ma qualcuno anzi parecchi remano contro. E a questo punto arriva la lettera, con la data del 15 marzo. Ma nella missiva di due pagine il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, si limita a tracciare il quadro degli affari del made in Italy in India «cresciuti – si legge – 12 volte dal ’91 al 2011, da708milioni a 8,5 miliardi». Il documento esprime anche «la forte preoccupazione del sistema industriale italiano per la situazione delle relazioni politiche bilaterali tra Italia e India », rispetto al 2011 «gli investimenti diretti nel 2012 sisonocontratti in concomitanza con il peggioramento dei rapporti politici» tra i due Paesi. Osserva ancora che «la nostra assenza anche limitata del tempo ci porterebbe in una situazione di forte svantaggio in un mercato tra i più promettenti». Niente di più. Ammesso anche che sia ammissibile – e non lo è – pensare di mettere a rischio per interessi economici la sicurezza e la tutela di due soldati italiani, impegnati in una missione internazionale, da Palazzo di viale dell’Astronomia ci si limita ad esprimere una preoccupazione generica «per lo Stato dei rapporti politici dei due Paesi».

Squinzi si guarda bene dall’entrare nel merito, non scrive che se i marò non saranno riconsegnati ci bruceranno le aziende italiane in India. E qui c’è lo show down. Perché nelle due riunioni dei ministri interessati alla vicenda, il 21 e il 22 marzo, si drammatizza molto. Secondo i testimoni Monti brandisce la lettera, ma non la legge. Per lui, è la certificazione che se Salvatore Gironee MassimilianoLatorre resteranno in Italia, sarà un disastro per gli interessi italiani: «Squinzi, è dalla nostra parte». E per i due marò si apre la via del ritorno nelle grinfie di un processo, che si sa subito sarà per terrorismo, accompagnati dall’ineffabi – le «inviato» del governo, Staffan De Mistura. «Tra coloro che facevano le maggiori pressioni per il loro invio in India», ha ripetuto più volte Terzi, «c’erano il ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera e De Mistura». Detto per inciso la lettera di Squinzi era indirizzata per conoscenza anche al ministro degli Affari esteri. Ma Terzi non l’ha mai ricevuta (…)