Nomine Ue, Il Fatto: “D’Alema ri-rottamato sull’altare della Mogherini”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Giugno 2014 - 12:27 OLTRE 6 MESI FA
D’Alema ri-rottamato sull’altare della Mogherini

D’Alema (LaPresse)

ROMA – I vincitori di questo estenuante negoziato europeo sulle poltrone saranno chiari a metà luglio, quando i leader si riuniranno per scegliere i commissari della squadra guidata da Jean-Claude Juncker, che da oggi sarà il candidato ufficiale alla Commissione, previa fiducia del Parlamento.

Gli sconfitti invece cominciano a essere ben identificati. Il più famoso è Massimo D’Alema: per mesi si è detto che la poltrona di Alto rappresentante per la politica estera (il ministro degli Esteri dell’Unione) era prenotata per lui: ex premier, ha guidato la Farnesina, si è costruito un solido rapporto con i socialisti europei guidando la Feps, la fondazione culturale del Pse. Invece niente, dimenticato da tutti, celebrato più per la sua attività di vignaiolo che per la presa sugli affari globali, D’Alema è stato davvero rottamato.

Scrive Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano:

Il vertice dei socialisti di sabato scorso, a Parigi, ha dato il consenso a Renzi per mettere su quella poltrona Federica Mogherini, giovane, con poca esperienza, ma sostenuta dal premier e ben vista a Bruxelles. Se per qualche ragione saltasse, c’è Radoslaw Sikorski, il ministro degli Esteri polacco anti-Russia che è stato indebolito ma non azzoppato dalle intercettazioni clandestine che hanno rivelato il turpiloquio dell’esecutivo di Varsavia e l’eccessiva vicinanza tra il premier Donald Tusk e il governatore della banca centrale. La dimostrazione del declino di D’Alema si è vista martedì: l’ex premier ha convocato a Bruxelles i giornalisti per un imperdibile dibattito sulle “sfide globali” con Pascal Lamy, ex commissario francese e, lui sì, papabile per ruoli di peso nell’Europa che verrà. Ma i giornalisti erano tutti a seguire Federica Mogherini, anche lei a Bruxelles per impegni istituzionali. Non fosse per la registrazione di Radio Radicale, di quel dibattito non resterebbe traccia.

“Non è che adesso scrivete che D’Alema si sente in corsa per qualcosa, vero?”, dice la sua portavoce. L’ex premier sembra però tenerci a lasciar intendere che niente è deciso, che lui potrebbe essere comunque destinato a un ruolo, magari all’immigrazione. Sperare è lecito. La lista dei delusi però è lunga. La premier danese Helle Thorning-Schmitt, alla domanda del Fatto, ha risposto ieri di non sentirsi in corsa per il Consiglio europero: “La Danimarca è un bellissimo Paese e sono concentrata sulle prossime elezioni”. Era data per favorita al posto di Herman van Rompuy, probabilmente resterà a Copenhagen. Il premier finlandese Jyrki Katainen ha addirittura lasciato la guida del partito conservatore e del governo al suo ministro Alexander Stubb perché da Berlino gli avevano fatto intravedere la presidenza della Commissione europea. Ben che vada sarà commissario, ma forse non di prima fila (la Finlandia è troppo rigorista per avere un portafoglio economico). Anche Martin Schulz ha perso: da candidato alla Commissione per i socialisti si sarebbe accontentato di fare l’Alto rappresentante della politica estera, o perfino il commissario agli Affari economici al posto di Olli Rehn, invece rimarrà presidente del Parlamento per un paio d’anni, poi si prospetta – come da tradizione – la staffetta con il popolare Manfred Webber, l’uomo forte della Merkel a Bruxelles.