Contagi: 44% in Rsa, 25% in famiglia, 10% ospedale, 4% lavoro, 15% altrove, tra cui chiese

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 28 Aprile 2020 - 10:05 OLTRE 6 MESI FA
Contagi Coronavirus: 44% in Rsa, 25% in famiglia, 10% ospedale, 4% lavoro, 15% altrove, tra cui chiese

Contagi: 44% in Rsa, 25% in famiglia, 10% ospedale, 4% lavoro, 15% altrove, tra cui chiese (Nella foto Ansa, la confereza stampa col bollettino del 27 aprile)

ROMA – Contagi, ancora ieri 1.739. Con meno tamponi (succede nel fine settimana) ancora 1.739 nuovi casi di coronavirus.

Contagi ancora tanti, 1.739 accertati attestano di almeno 15/20 mila portatori del virus da aggiungere alla conta totale (il rapporto tra diagnosticati a asintomatici è universalmente stimato 1 a 10).

Contagi ancora tanti, ma sostanzialmente rimossi. Il pubblico dibattito, le private conversazioni, gli umori di massa si articolano e manifestano come se quei contagi non ci fossero più.

Come fossero il residuo, la coda, i titoli di coda di un film che sta finendo.

Contagi rimossi nella psiche collettiva, ma ci si contagia ancora e tanto nell’Italia che lamenta la poca libertà riacquistata e riacquistabile dal 4 maggio in poi.

Dove ci si contagia?

Rsa, Residenze sanitarie assistite: qui il 44 per cento dei contagi.

Contagio portato nelle Rsa da chi in queste strutture lavora e che spesso a sua volta si è ammalato. Contagio nelle Rsa esteso dalla mancanza di mezzi di protezione e da errori di gestione e organizzazione.

Contagio portato nelle Rsa da ignari parenti che andavano a trovare. E anche da parenti un po’ meno ignari che protestavano fieramente contro il divieto di visita dei parenti.

Rsa, 44 per cento dei contagi. Senza poter contare contagi e vittime della miriade di ospizi semi legali o del tutto a nero che punteggiano l’Italia. Le Rsa sotto poste a censimento sono solo quelle regolari.

Famiglia, qui il 25 per cento dei contagi. Sono i contagi detti intra familiari. Un malato, anche in forma leggera, di coronavirus è messo e sta in quarantena/malattia a casa. Spesso contagia i familiari. Non dovrebbe stare a casa.

Spesso non sa dove altrimenti andare. Spesso la famiglia e lui stesso si oppongono in nome del non portateci via il nostro caro! Non di rado si contagiano.

Ospedali, qui il 10 per cento dei contagi. Percentuale scesa di molto rispetto all’inizio dell’epidemia. Percentuale che è una media tra situazioni ospedaliere diversissime.

Percentuale che è comunque quasi doppia rispetto alla percentuale standard di infezioni contratte in situazioni ospedaliere italiane nel tempo pre virus. Era il 6 per cento, con il coronavirus siamo al 10 per cento.

Lavoro, nei luoghi di lavoro ci si contagia poco, appena il 4 per cento dei contagi registrati nei luoghi di lavoro.

Sia perché molti luoghi di lavoro non aperti, sia perché uffici e fabbriche e aziende , quelli aperti, si sono attrezzati con ottimi livelli di protezione dal contagio (protezione, la sicurezza totale ovviamente non esiste se non nel linguaggio pubblico di una comunità cui piace non raccontarsela proprio come è nella realtà).

Altrove il 15 per cento dei contagi. Un vasto altrove che comprende i cosiddetti contagi da supermercato.

Non che i supermercati siano la sede di così tanti contagi, si dice contagi da supermercato per genericamente indicare i contagi da luoghi in cui la gente si è recata e si reca durante il lockdown: negozi di alimentari, supermercati, farmacie…

Contagi da fila potrebbero essere immaginificamente anche se impropriamente definiti. 

Una quota rilevante del 15 per cento dei contagi da Altrove la si riscontra nelle chiese. Già, proprio nelle chiese. Chiese che sono aperte.

E sono, proprio come alimentari e farmacie, luoghi di sia pur minima aggregazione e quindi annullamento o riduzione del distanziamento sanitario. Chiese senza messe hanno già contribuito, fatta la loro parte nei contagi.

Dal 10 maggio pare saranno riaperte le liturgie e la celebrazione delle Messe. Con prevalente partecipazione di anziani, non di rado non in ottima salute. Auguri.