Non sappiamo cos’è, ma sappiamo dove si trova: mappata la materia oscura nell’ammasso di galassie Abell 1689

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 25 Novembre 2010 - 07:08| Aggiornato il 1 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

Ammasso di galassie Abell 1689

Un po’ astronomi, un po’ maghi, alla Nasa sono riusciti a realizzare una mappa della distribuzione di materia oscura nell’ammasso stellare Abell 1689. Il ‘trucco’ con cui gli astronomi hanno osservato questa materia, definita oscura proprio perché invisibile agli occhi, e agli strumenti, si basa su un fenomeno noto col nome di lente gravitazionale: la materia presente nell’universo esercita delle forti forze gravitazionali che modificano lo spazio circostante, provocando una riorganizzazione della distribuzione di materia in esso.

Utilizzando le immagini raccolte dall’osservatorio spaziale Hubble il team della NASA guidato Dan Coe del JPL (Jet Propulsionary Laboratory) di Pasadena ha scoperto che la formazione degli ammassi di galassie risale a molto tempo prima che l’energia oscura, legata alle forze esercitate dalla materia oscura, potesse inibire la loro espansione dilatando lo spazio tra una galassia e l’altra e prevenendo così il raggruppamento di galassie vicine in ammassi.

L’ammasso preso in esame da Coe si trova a 2.2 miliardi di anni luce da noi, ma la sua osservazione è stata facilitata proprio dalla presenza della materia oscura, poiché la deformazione dello spazio-tempo ad opera dell’effetto di lente gravitazionale implica la distorsione delle immagini e l’intensificazione della luminosità degli oggetti, e le galassie appaiono deformate come in una casa degli specchi. La distorsione delle immagini ha così permesso la stima della quantità di materia oscura depositata al centro dell’ammasso, confermata dal fatto che tali deformazioni dello spazio non sono giustificabili dalla materia visibile che costituisce la galassia.

La sorpresa di Coe è arrivata quando, confrontando con mappe ad alta risoluzione della distribuzione di massa i dati raccolti su Abell 1689 da Hubble, mappe ottenute da una simulazione virtuale della crescita dell’ammasso, è stato possibile stabilire che la densità di materia oscura al centro di Abell è decisamente superiore di quanto fosse stato stimato in precedenza, confermando così il ruolo dell’energia oscura nell’inibizione della formazione di grandi ammassi di galassie alla nascita dell’universo.

“Gli ammassi di galassie hanno cominciato a formarsi miliardi di anni fa, dando vita al numero di formazioni che oggi osserviamo e in tempi remoti l’universo era più piccolo, dunque era maggiore la densità di materia oscura. Alla nascita Abell 1689 fu ben ‘nutrito’ dalla materia densa che lo circondava nell’universo primordiale, ed ha portato tale massa con sé attraverso la sua vita adulta,sino ad apparire come lo osserviamo oggi ”, ha spiegato Coe.

“Le immagini ottiche sono come un grande puzzle”, ha poi aggiunto l’astronomo, che confrontando le 145 immagini raccolte con quelle di precedenti osservazioni nei cataloghi ha individuato ben 42 galassie di fondo, che hanno permesso la realizzazione di una mappa ad alta risoluzione della distribuzione di materia oscura nell’ammasso.

Il team di Pasadena si è avvalso dell’aiuto del matematico Edward Fuselier, della United States Military Academy di West Point, che come lo stesso Coe ha spiegato “ha compreso il codice della lente gravitazionale”, ottenendo così la mappa dai dati, mentre i metodi utilizzati fino ad ora prevedevano la costruzione di mappe basate solo su delle ipotesi, mappe che poi venivano scelte di volta in volta dagli astronomi tra quelle che meglio descrivevano i dati raccolti.

Il vantaggio del metodo elaborato dagli astronomi Nasa è evidente: non sono più i dati a doversi adattare a ipotetiche mappe teoriche, ma dai dati stessi è possibile derivare delle mappe, che appaiono dunque più precise e veritiere. Lo studio ovviamente è solo all’inizio, ma gli incoraggianti risultati hanno portato gli astronomi a riprogrammare lo strumento CLASH (Cluster Lensing and Supernova survey with Hubble) di Hubble, che nei prossimi tre anni fotograferà un totale di 25 ammassi di galassie, concentrandosi su ognuno per un periodo di un mese, che è stato scelto perché sensibile alle forti emissioni di raggi X, che sono caratteristiche di grandi quantità di gas caldo.

L’abbondanza di queste emissioni implica che l’ammasso è estremamente massivo, e osservandolo gli astronomi potranno mappare la distribuzione di materia oscura e trovare prove di precedenti formazioni di ammassi e la precedente presenza di energia oscura. Insomma non sappiamo che forma abbia e come sia fatta la materia oscura, ma sappiamo dov’è: una mappa “senza trucco e senza inganno” per uno dei misteri più grande, e invisibile, dell’universo.