Dossier illegali: Inter e Telecom condannati a risarcire di un mln Bobo Vieri

Pubblicato il 3 Settembre 2012 - 16:05 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – L’Inter e Telecom Italia sono stati condannati al risarcimento in solido di un milioni di euro in favore di Bobo Vieri per lo spionaggio che avrebbe subito quando giocava nel club nerazzurro. Vieri aveva chiesto un risarcimento di 12 milioni a Telecom e di 9,250 all’Inter sostenendo che la vicenda gli avesse causato depressione. Lo spionaggio risale alla vicenda dei dossier illegali della passata gestione di Telecom.

Nell’autunno 2006 Vieri venne a sapere dai giornali che, nell’ambito dell’inchiesta Telecom, era stato trovato un dossier su di lui dal quale emergeva che era stato pedinato e che, altrettanto illegalmente, erano stati acquisiti i suoi tabulati telefonici.

Un fascicolo che, secondo l’accusa, sarebbe stato formato da Emanuele Cipriani, titolare dell’agenzia investigativa Polis d’Istinto, su richiesta dell’Inter che voleva capire come mai il rendimento atletico del bomber fosse precipitato ai minimi. Ad aprile 2007, Vieri ha fatto causa a Telecom e Inter chiedendo un risarcimento di 12 milioni di euro alla prima e di 9 milioni e 250mila alla seconda per danni all’immagine, alla vita di relazione e per mancati guadagni.

Dopo che i pm di Milano hanno chiuso l’inchiesta chiedendo il processo per 34 persone e per le società Telecom e Pirelli, il legale di Vieri, l’avvocato Danilo Buongiorno, ha depositato nella causa civile la perizia medica e alcuni atti dell’indagine penale.

La decisione del risarcimento è stata presa dal giudice della decima sezione civile Damiano Spera nell’ambito della causa intentata dall’ex bomber che, ha lamentato di aver subito danni psico-fisici da quell’attività di dossieraggio illegale effettuata dalla security di Telecom, in particolare sotto la guida di Giuliano Tavaroli, per conto dell’Inter. Per questo nei mesi scorsi il Tribunale ha disposto anche una perizia medica d’ufficio per accertare se l’ex attaccante soffra o meno di insonnia e di una forma depressiva, a causa del presunto spionaggio che avrebbe subito dall’Inter quando giocava nel club nerazzurro e che, anche in base all’indagine penale, si ritiene sia avvenuto tra il 2000 e il 2001 e nel 2004.

Bobo Vieri, assistito dall’avvocato Danilo Buongiorno, ha sostenuto di essere stato indebitamente controllato anche per 6 o 7 mesi consecutivi, 24 ore su 24, da quattro o cinque persone e tramite un’acquisizione illecita dei suoi tabulati telefonici. Tavaroli, che nell’inchiesta penale ha patteggiato la pena ed è stato condannato definitivamente a poco più di 4 anni di carcere, in un suo interrogatorio del 22 settembre 2006, raccontò di aver ricevuto una telefonata della segreteria di Tronchetti Provera in cui gli sarebbe stato detto: ”Guardi, la cercherà il dottor Moratti, ha bisogno di una mano, le chiederà una consulenza, tra virgolette”. Poi, un incontro definito breve con Moratti in cui il presidente gli avrebbe espresso le sue preoccupazioni nei confronti dell’attaccante e con Rinaldo Ghelfi ”credo amministratore delegato”.

Da qui la decisione di incaricare Cipriani (sotto processo davanti alla Corte d’Assise di Milano) di capire quale fosse l’entourage di Vieri, ”le persone che ruotavano intorno a Vieri su cui c’era una marea di…”. ”Allora – raccontò Tavaroli, in quel momento in carcere – feci il transito dell’esigenza fra Inter e Cipriani che svolse la pratica e venne pagato autonomamente dall’ Inter…”. Tra gli atti della causa ci sono, oltre ai verbali dell’ex capo del servizio di sicurezza della compagnia di telecomunicazioni, un cd-rom – depositato dall’avvocato Buongiorno – che l’ex segretaria di Adamo Bove, già dirigente della security governance della Telecom morto suicida a Napoli, consegnò ai magistrati. Il cd documenterebbe tutti i contatti telefonici di Vieri fino al 25 giugno 2004. La sentenza del Tribunale civile è stata dichiarata ”provvisoriamente esecutiva”, come si legge nel dispositivo (non sono ancora disponibili le motivazioni), ed è probabile che le due società impugnino il provvedimento davanti alla Corte d’Appello.