Più Irpef, più Iva e più guai

di Paolo Forcellini
Pubblicato il 30 Giugno 2011 - 10:39 OLTRE 6 MESI FA

Piuttosto Tremonti dovrebbe spiegare dove sta la convenienza, per un reddito medio-basso, a fronte di tutto l’ambaradan della sua riforma. Per chi guadagna annualmente tra i 20 e i 30 mila euro lordi la riduzione della prima aliquota dal 23 al 20 per cento porterebbe un beneficio annuo intorno ai 500 euro, dai quali però andrebbero sottratte tutte le perdite legate all’aumento dell’Iva e quelle connesse alla riduzione di deduzioni e detrazioni: alla fine il saldo potrebbe risultare addirittura negativo. Certo, il sistema ne avrebbe qualche giovamento in termini di semplicità e trasparenza. Sospendiamo quindi il giudizio sulla riforma, almeno fino a quando non se ne conosceranno esattamente i termini: in fin dei conti è ben noto che soprattutto in campo fiscale il diavolo si nasconde nei dettagli…

Ma c’è un’altra questione che meriterebbe maggiore attenzione dai commentatori del Tremonti-pensiero. E’ certo sacrosanta la promessa solenne di una riforma a gettito invariato. Ma se per raggiungere questo obiettivo il ministro dell’Economia è costretto a raschiare ancora una volta il fondo del barile, rifacendosi sull’Iva e sulle detrazioni, cosa succederà quando si dovranno fare manovre finanziarie pesanti per ottemperare alle richieste dell’Unione europea e portare il bilancio in parità? Cosa succederà se, com’è già nell’aria, i tassi d’interesse cresceranno e il servizio del debito pubblico richiederà l’esborso di qualche miliardo di euro in più rispetto a oggi?

Cosa succederà nel 2013-2014, quando, grazie alla furbata di spostare le “lacrime e sangue” a dopo le prossime politiche, già “normalmente” si dovrebbero rastrellare 20 miliardi all’anno per attuare il percorso di rientro che ci chiede Bruxelles? Se una riforma fiscale timida, appena accennata e quindi anche non proprio indispensabile avrà già sfruttato alcuni degli strumenti più maneggevoli, come l’intervento sull’Iva e la riduzione delle detrazioni, cosa si dovranno inventare i successori di ser Giulio per azzerare il rapporto deficit-Pil e ridurre quello debito-Pil? Quel che è certo, si tratterà di un’eredità ancor più pesante di quella che si avrebbe oggi, aggravata come sarà dagli ulteriori vincoli connessi alla “riforma”. Ai posteri l’ardua impresa. Ma teniamo a mente soprattutto una cosa: le formule magiche “a gettito invariato” o “nessuna riforma finanziata in deficit” non promettono affatto un risultato “neutrale” per le future scelte dei policy maker. Piuttosto qualche volta promettono lacci e lacciuoli più stringenti e difficili da sciogliere.