Mancini contro Tavez: “With me has closed”

Pubblicato il 28 Settembre 2011 - 20:30 OLTRE 6 MESI FA

MANCHESTER (GRAN BRETAGNA) – Roberto Mancini in un inglese stentato, sbotta contro il suo giocatore Tevez che ora rischia di finire sul mercato e dice: “With me has closed”.  La frase, l’allenatore del Manchester la dice in diretta tv a bordo campo dopo il match contro il Bayern Monaco.

Il City è sotto di due gol, manca più di mezz’ora alla fine. Mancini gli chiede di entrare, lui suote la testa. Il tecnico italiano non gliele manda a dire, in campo e davanti ai taccuini al termine della partita, uufficializzando il divorzio. “Per quel che mi riguarda ha chiuso, con me non giocherà più – le parole di Mancini -. Se vogliamo che il City diventi una grande squadra, Carlos non può più giocare per noi. Perché queste cose non possono capitare nei grandi club. Si è rifiutato di entrare in campo.

Quello che gli ho detto resterà tra di noi, ma posso dire di essere molto dispiaciuto perché mi aspettavo che aiutasse i suoi compagni in quel momento difficile”. Inizialmente Tevez ha cercato di spiegare il suo gesto con la delusione per non essere stato il primo cambio della serata: uscito in precedenza Edin Dzeko, Mancini lo aveva sostituito con Nigel de Jong. L’indomani ha cercato, maldestramente, di rimediare con dichiarazioni che grondano opportunismo di maniera.

“C’era confusione in panchina e penso di essere stato male interpretato. Voglio scusarmi con i tifosi del City perché loro sanno che dò sempre tutto in campo. Voglio precisare che non mi sono mai rifiutato di entrare in campo”. Peccato per lui che le immagini lo inchiodino davanti alle sue responsabilità. E che facciano passare in secondo piano le sue (anche) legittime rivendicazioni per una maglia da titolare. In questa maniera si è estromesso da solo, dando ragione a chi, come Mancini, prima gli ha tolto la fascia di capitano poi lo ha degradato in panchina.

Perché chi gioca ora, ovvero Dzeko e Sergio Aguero, stanno meritando di più e soprattutto non si comportano da bambini capricciosi. Tevez si trincera dietro i numeri, che indicano uno score di assoluta eccellenza nelle 91 partite coi citizens (53). Ma nessuno a Manchester è più disposto a perdonarlo: se nell’estate 2009 il suo passaggio dallo United al City era stato salutato con un maxicartellone (irriverente per i cugini) nel centro della città (“Benvenuto a Manchester”), ora è il primo sulla lista degli sgraditi. Non solo. Già giovedì Mancini si incontrerà con il presidente Khaldoon al-Mubarak e assieme decideranno quali azioni intraprendere: non solo l’immediata esclusione dalla rosa, ma possibilmente la risoluzione del contratto con forte penale a carico del ribelle milionario.

Di fronte all’ennesima atto di insubordinazione dell’argentino il Manchester City ha perso definitivamente la pazienza.  Nessuna giustificazione, nessun tentativo di mediazione: il tempo di Tevez all’Etihad Stadium – salvo clamorosi non meno che improbabili ripensamenti – è irrimediabilmente terminato. Se voleva andarsene, come già richiesto due volte negli ultimi 12 mesi – aprendo le porte a un possibile giro di mercato con l’Inter – verrà accontentato, anzi sarà cacciato a furor di popolo.

Anche i tifosi dei citizens hanno girato le spalle a Tavez. Tanto che al ritorno dalla Germania martedì notte, per lasciare il parcheggio dell’aeroporto con la sua vettura ha avuto bisogno di una doppia scorta. Capriccioso, volubile, strapagato, arrogante. In una parola, “insopportabilmente egoista”. Questi alcuni degli epiteti (edulcorati) che gli hanno riservato i suoi ex fans in Internet. E neppure la sua farraginosa retromarcia ha sortito alcun effetto. Le immagini a bordo campo sono eloquenti, e non lasciano spazio all’interpretazione.