Tutankhamon, la scoperta del “maledetto” Howard Carter in mostra a Roma

di Redazione Blitz
Pubblicato il 31 Ottobre 2014 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Tutankhamon, la scoperta del "maledetto" Howard Carter in mostra a Roma

(Foto LaPresse)

ROMA – La maschera di oro e lapislazzuli, quella che celava il volto dai denti sporgenti di Tutankhamon. Gli oltre 100 bastoni, usati dal faraone bambino nato col piede equino e ancora il sarcofago e la biga arrivano a Roma in mostra a Valle Giulia del 29 ottobre.

Non gli originali provenienti dalla tomba del faraone figlio di Akhenaton, tomba scoperta dal’egittologo Howard Carter che attirò su di sé secondo le superstizioni la maledizione del faraone. Tutti i partecipanti alla sua spedizione morirono in modo misterioso e la maledizione, secondo i più superstiziosi, lo seguì anche a Villa Altachiara a Portofino, la stessa dove morì in circostanze mai chiarite la contessa Vacca Augusta.

Le copie dei tesori, realizzate per l’occasione dall’Accademia d’Egitto, rappresentano un’occasione per conoscere da vicino il faraone Tutankhamon, di cui recentemente sono state svelate la fisionomia e il profilo genetico, frutto di un incesto tra fratello e sorella.

Danilo Maestosi sul Messaggero racconta:

“Non gli originali purtroppo: troppo rischiosa e comunque troppo lunga la trasferta, impossibile sguarnire il museo del Cairo, dove i quasi seimila pezzi che documentano la più clamorosa scoperta archeologica di tutti i tempi sono conservati. Ma delle copie a grandezza naturale di raffinata fattura, eseguite dagli artigiani del ministero egiziano delle antichità, che restituiscono intatto lo splendore di quelle icone di tremila anni fa”.

Una straordinaria occasione, sottolinea Maestosi, per conoscere da vicino quel che rimane del figlio del discusso Akhenaton, faraone che impose il monoteismo sconvolgendo le gerarchie e soprattutto la casta dei sacerdoti e spostando la capitale a Tell el Amarna. Fu allora che Tutankhamon, ancora un bambino, arrivò al trono:

“fu probabilmente un re fantoccio, manovrato e spinto sulla strada della restaurazione dai suoi consiglieri. Che furono felicissimi di sbarazzarsi di lui. Firmò con il suo cartiglio il ritorno della corte a Tebe, l’attuale Luxor, il ripristino del primato del Dio Amon, di cui si aggiunse il nome, qualche abbellimento al Tempio di Karnak, e poco altro.

A decretar la sua fine -ha accertato il Dna dalla mummia- fu la doppia congiura della malaria e di una cancrena alla gamba, ma si è a lungo ipotizzato di un assassinio di palazzo”.

Morto ad appena 19 anni, il faraone bambino ha trovato riposo nella Valle dei Re:

“In un sepolcro prestato in fretta da un suo dignitario, non rifinito, ma imbottito di arredi di lusso.
Una tomba piccola e rimediata ma ricchissima che ha consacrato ai posteri la sua fama: delle sessantatré della Valle dei Re è l’unica che ci abbia restituito praticamente intatto il corredo funebre, sfuggito per sua e nostra fortuna a un paio di tentativi di violazione.

A quella ultima dimora diedero invano la caccia in tanti, prima che Howard Carter uno spregiudicato ma preparato archeologo britannico che stava per alzare bandiera bianca prima di individuarne l’ingresso quasi per caso, uno scalino in discesa riaffiorato dopo una tempesta di sabbia. Era il 4 novembre del 1922. Pochi giorni dopo la porta fu abbattuta a colpi di piccone”.

Ed è dalla scoperta della tomba che parte la mostra firmata da Gihane Zaki, l’archeologa che da due anni dirige l’Accademia d’Egitto:

“Un allestimento di grande impatto spettacolare che si rifà esplicitamente all’esperienza di Howard Carter, riproponendo vecchi filmati della scoperta su uno schermo. E inseguendone in qualche modo le agnizioni incredule da primi sguardi. La sala immersa nel buio, le luci che ritagliano i pezzi in esposizione come i fuochi delle torce sollevate dagli inservienti di Carter”.

Le divise dorate, i corpi delle guardie, il carro da guerra rimontato e anche il letto funerario:

“Ecco due dei quattro sarcofaghi decorati imbossolati a matrioska sul guscio di marmo che conteneva la mummia. Ecco la stupenda maschera funebre d’oro massiccio e lapislazzuli calzata sopra le bende che avvolgevano il corpo, e modellata a suggerire il volto di quel re bambino, riproposto con maggiore realismo in una statuetta lignea più in là”.

Un’esposizione che dà allo spettatore l’impressione di intrufolarsi nella tomba, col passo felpato e l’emozione della scoperta, proprio come Carter e i suoi fecero:

“Icone che abbiamo già ammirato in originale o in fotografia ma che qui abbiamo quasi la sensazione di vedere per la prima volta proprio come è toccato a quegli archeologi in paglietta che sgambettano a passo ridotto nel filmato. E infine lo stupore dei cimeli più piccoli e meno noti.

I bastoni ricurvi con le teste di nemici asserviti sul manico che forse Tutankhamon avrà impugnato per sostenere la sua zoppia. O i sandaletti di cuoio. Saranno pure copie, ma sono cloni parlanti”.