Terrore islamico, cuore a Molenbeek, Bruxelles, buco nero…

di Sergio Carli
Pubblicato il 28 Marzo 2016 - 06:54 OLTRE 6 MESI FA
Bruxelles

Terrore islamico, il cuore è Molenbeek, Bruxelles, buco nero. Nella foto l’arresto di Abderahmane Ameroud

BRUXELLES – Terrore islamico, il cuore è a Molenbeek, rione di Bruxelles, zona franca dove la polizia non ha accesso. Lì è il nido del terrorismo islamico in Belgio e in Europa. Lì vengono reclutati, in mezzo ai figli dei profughi berberi del Rif marocchino, da anni, kamikaze e killer, lì si nascondono in latitanza, come ha fatto Salah Abdeslam, mente della strage di Parigi del 13 novembre 2015. Lo scoprono con allarme i francesi e i belgi, lo confermano la cattura di un terrorista e l’analisi di un esperto, Pierre Vermeren della Sorbona di Parigi, sull’interrogativo: perché Molenbeek? La risposta è una lezione anche per i servizi di sicurezza in Italia: non collaborando con le polizie francese e marocchina, la polizia belga ha fatto diventare il Belgio un “buco nero” della sicurezza europea.

Molenbeek appare sempre più come punto di partenza di molte trame del terrorismo irlamico è Abderahman Ameroud, l’uomo ferito a una gamba e arrestato dalla polizia a Bruxelles, alla fermata del tram vicino a Place Meiser, nel quartiere di Schaerbeek, è Abderahman Ameroud.

Ameroud è di origine algerine, ha 38 anni e nel 2005 venne condannato a 7 anni per complicità nell’omicidio del comandante afghano Ahmad Shah Massoud, noto con il soprannome di ‘Leone del Panjshir’, leader della lotta contro i talebani che venne ucciso il 9 settembre 2001 a Takhar.

Abderahmane Ameroud è l’uomo ferito ad una gamba venerdì pomeriggio alla fermata Meiser della linea T del tram, nel quartiere di Schaerbeek, ripreso mentre si contorce su una banchina prima di essere trascinato via dalle teste di cuoio dell’antiterrorismo belga. Ricorda Carlo Bonini su Repubblica che

“ha contribuito a scrivere un capitolo cruciale del jihadismo in Europa. Quello che aprì la stagione di Al Qaeda.

Abderahmane Ameroud faceva parte di una
“filiera di falsari e reclutatori (con Ameroud, ne facevano parte Adel Tebourski, cittadino francese di origini tunisine, Youssef el-Aouni, francese di origini marocchine, Merhez Azouz, franco-algerino) che, a partire dal 2000, avevano avviato volontari francesi di origine magrebina verso il fronte afghano e pachistano. Si facevano chiamare “i campeggiatori”, ma la cosa più importante era che almeno uno di loro, Ameroud, aveva partecipato alla pianificazione dell’omicidio di Massoud”.
L’eliminazione fisica del “Leone del Panshir” era fondamentale per i piani dell’integralismo islamico:
“Il celebrato comandante afgano già eroe della resistenza contro l’occupazione sovietica e quindi a capo dell’Alleanza del Nord, con la sua~ forza militare aveva impedito, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, la caduta dell’Afghanistan nelle mani dei Taliban e dunque di Al Qaeda. La sua morte (segnò) il destino dell’Afghanistan e garantí, con l’eliminazione dell’ultimo ostacolo, il radicamento di Bin Laden e di legioni di qaedisti nel paese del mullah Omar”.
Massoud morì dilaniato dall’esplosione di una bomba nascosta nella telecamera di due tunisini che si erano spacciati per giornalisti di una televisione marocchina. Morirono anche i due assassini (il primo morto al momento dell’esplosione, il secondo ucciso durante un tentativo di fuga), ma ricorda Carlo Bonini,
“l’identità di quei due finti reporter aveva portato al quartiere/città di Bruxelles in cui erano stati reclutati per la loro missione suicida — Molenbeek — e all’uomo che li aveva indottrinati: Sayf Allah Ben Hassine, detto “l’Emiro”, fondatore di Ansar Al Sharia, costola di Al Qaeda.
Nell’orbita dell’Emiro si muoveva anche Ameroud e alla sua cellula francese dei “campeggiatori” erano appunto legati i due “martiri” di Molenbeek”.
Carlo Bonini cita “una qualificata fonte di intelligence italiana”, secondo la quale “le radici dello jihadismo franco-belga” sono profonde e profondo è il suo radicamento sull’asse Parigi-Bruxelles:
“Quindici anni fa le filiere franco-belghe erano la piattaforma logistica di Al Qaeda in Europa. Ora, una generazione dopo, sono diventate il braccio armato dell’Is che ha soppiantato Al Qaeda per essere riuscito lì dove Bin Laden e Al Zawahiri fallirono: la nascita del Califfato. Sono cambiati gli uomini e le sigle. I luoghi e i percorsi dell’indottrinamento all’odio sono al contrario rimasti gli stessi”
Alla domanda “perché Molenbeek?” risponde, in una intervista a Le MondePierre Vermeren, professore di storia del  Maghreb contemporaneo a Parigi, alla Sorbona.
“Il Belgio non ha un passato coloniale arabo – berbero ma ha accolto una immigrazione di origine marocchina proveniente dal nord della Francia quando le miniere e la siderurgia hanno smesso di assumere, prima di licenziare. I “rifani”, i berberi del Rif, montagna mediterranea colonizzata dalla Spagna, sono stati l’elemento centrale di questa migrazione.
Ci sono 700 mila musulmani in belgio, di cui 500 mila sono originari del Rif. Dopo la crisi delle miniere francesi e belghe, sono emigrati verso le periferie delle grandi città, come Anversa, Roubaix, Bruxelles, Amiens, Liegi, Rotterdam) e a loro si sono unite le popolazioni cacciate dal Rif dal re del Marocco Hassan II in seguito ai moti del 1984.
“A Bruxelles hanno costituito delle comunità molto popolose, aperte a tutti i venti della economia criminale, della povertà e della mondializzazione. I predicatori sauditi e iraniani li hanno scoperti e, di nascosto dalle polizie francese e marocchina, hanno convertito una parte di questa gioventù esaltata e dissidente, visceralmemte ostile al sistema di potere che governa il Marocco.

A Molenbeek, cuore del terrorismo irlamico, sono entrati in azione un pugno di predicatori particolarmente efficaci.

Per capire meglio bisogna ripercorrere la storia del Rif nel ventesimo secolo, una successione di tragedie, poco note ma che spiegano la violenza e la indifferenza alla morte di questa gioventù.

La conquista spagnola del Rif ha inizio nel 1920, segue una lunga guerra, in cui emerge la figura di Abdelkrim, eroe partigiano, modello di grandi capi guerriglieri come Ho Chi Minh, Mao Zedong e Che Guevara. Seguono 5 anni di bombardamenti a base di gas Sarin, entrano in azione anche centinaia di migliaia di soldati francesi.

Sono anni tumultuosi. Francisco Franco, futuro dittatore fascista della Spagna, usa molti uomini del rif per la sua guerra civile. Le cose si complicano dopo il 1956, finita la guerra mondiale, col Marocco indipendente. Agli uomini del Rif viene bloccato l’ingresso in Algeria, dove in passato avevano svolto lavori stagionali. Il Rif si ribella nel 1958, la repressione di Francia e Marocco è terribile, viene usato il napalm, cone in Vietnam.

Abbandonato a se stesso, il Rif si dedica alla coltivazione del kif, una specie di hashish leggero; i mercanti di droga franco – americani li aiutano a sviluppare tecniche di produzione e mercato. Il traffico di droga segue le comunità in esilio, dall’Algeria all’Olanda, passando per Spagna, Francia, Belgio.

Le comunità sono chiuse in se stesse, nelle loro lealtà tribali, dove regnano l’omertà più assoluta e una diffidenza viscerale, dove si parla la loro lingua che nessuno conosce al di fuori, la lingua del Rif, la lingua berbera.

La polizia francese e quella marocchina li controllano abbastanza, hanno agenti che parlano la lingua del Rif, hanno infiltrati. Ma non la polizia belga. In Belgio tutto si ferma alla frontiera. I belgi non avevano alcuna conoscenza preventiva dei magrebini e, gelosi della loro sovranità, non hanno mai lasciato che i poliziotti francesi e marocchini sorvegliassero gli immigrati dal Magreb in Belgio. Così il Belgio è diventato una specie di buco nero della sicurezza, sia per il commercio di droga sia per la radicalizzazione religiosa.

 

 

Inoltre, la classe politica belga, indifferente ai problemi religiosi come quella francese, ha lasciato campo aperto ai predicatori sauditi e iraniani, nella convinzione che si poteva gestire il fenomeno in termini sociali e politici. Lasciare le comunità degli immigrati in mano ai predicatori salafisti e sciiti è stato una catastrofe.

Dietro le moschee ci sono le televisioni, i siti internet, i libri e i dvd, esportati in centiaia di milioni di esemplari.

I predicatori spiegano ai giovani delinquenti che devono riscattare i loro peccati con delle buone azioni e ai giovani inseriti che frequentano gli europei, bevono e vivono in Europa che sono dei cattivi musulmani ma che possono riscattare i loro peccati.

Come, lo si vede, purtroppo.