Badge per buttare la spazzatura di casa. Stipendi Ama, Raggi dà 235mila al capo

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 20 Febbraio 2017 - 13:44 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Badge personalizzati per aprire i cassonetti come in Nord Europa e come in Trentino, e un super-manager a cui affidare la patata bollente. Tra un’assessore che va e uno che viene, la sindaca di Roma Virginia Raggi ha deciso: ha deciso di non badare a spese. Almeno in tema rifiuti. E d’altra parte, nella Capitale, quello della ‘monnezza’ non è più un problema ma ormai una vera e propria emergenza. Ecco perché il dg di Ama, la municipalizzata che nella Città Eterna si occupa della questione, è stato convinto ad accettare l’incarico a suon di euro: circa 235mila l’anno ne ha ottenuti a fronte dei 79mila che le tabelle del Comune indicherebbero per quel ruolo. Portando in dote una soluzione che è rivoluzione, e cioè sostituire i vecchi cassonetti con nuovi e più moderni contenitori dotati di apertura elettronica, così da sapere chi butta cosa e quanto ne butta in modo da calibrare la tariffa che ogni cittadino pagherà. Una soluzione non solo auspicabile, ma anche ideale che però, nella città della ‘congiura dei frigoriferi’, assume i contorni e il gusto dell’utopia.

Non c’è dubbio che un mondo, una comunità in grado di differenziare tutti i propri rifiuti, dotata di infrastrutture come i cassonetti a scomparsa affogati nel suolo che emergono a comando e dove ognuno butta, nominalmente, il proprio vetro, la propria carta o il proprio organico, sarebbe una comunità efficiente, civile, attenta all’ecologia e anche più ricca avendo eliminato sprechi. Chiunque abbia però avuto la ventura di passeggiare per le strade di Roma negli ultimi tempi sa che, tra quel mondo ideale e il panorama da bidonville asiatica che ha assunto la Città Eterna, esistono delle fasi intermedie. Sono passati 4 mesi scarsi da quando la Raggi, sindaca della città, sottolineò la ‘strana presenza di frigoriferi’ tra i rifiuti ammassati ai lati delle strade. E senza entrare nel merito della vicenda frigoriferi, diventa lapalissiano che laddove si discute della genesi dei cumuli di rifiuti abbandonati non ci siano le condizioni per diventare, in un unico colpo, la Svezia.

Per questo l’idea del badge partirà prima da alcune zone, con la speranza che funzioni e possa poi essere estesa. La rivoluzione sarebbe però partita meglio se il Robespierre della ‘monnezza’ targato 5Stelle non si fosse fatto pagare a peso d’oro con uno stipendio che, viste le condizioni della città, ricorda le brioches della regina Maria Antonietta.

“Una trattativa estenuante – racconta Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera -, durata quasi 20 giorni, nella quale il direttore generale dell’Ama venuto dal Nord Italia ha potuto contare sul sostegno di ben due assessori: Massimo Colomban (Partecipate) e Pinuccia Montanari (Ambiente). Dall’altra parte del tavolo c’è sempre stata Antonella Giglio, l’amministratrice unica (‘inchiodata’ ai 79 mila euro annui previsti dalle tabelle del Comune), che predicava moderazione. E alla fine ha vinto lui. Stefano Bina, il manager vicino alla Casaleggio Associati, considerato una pedina chiave per le scelte strategiche (impianti e alleanze industriali) dei prossimi anni, ha ottenuto ben di più dei 193 mila euro che, tra mille polemiche, la scorsa estate contribuirono alle dimissioni del capo di gabinetto della Raggi, Carla Romana Raineri. Bina, a conti fatti, viaggerà attorno ai 235 mila euro, frutto dei 190 mila tra retribuzione fissa e spese (170 mila più 20), ai quali aggiungere i 45 mila euro legati al premio di risultato”.

Bina, senza dubbio, sarà un manager assolutamente all’altezza e riporterà la città ad una condizione degna di una Capitale europea. O almeno questo è quello che sia augurano i romani. Di certo però le sue richieste non sono un ottimo biglietto da visita, sia perché arriva portato da quelli che predicavano moderazione e contenimento dei costi, sia perché il suo stipendio è pagato da quei romani che ogni giorni sono costretti a dribblare cumuli di spazzatura. E lui, Bina, avrebbe più volte minacciato di fare le valigie e tornarsene nella sua Voghera persino quando si è affrontato il tema rimborsi per vitto, alloggio e trasporti. I limiti segnati dal Campidoglio per le trasferte del personale con funzioni apicali sono, anzi sarebbero, alberghi a 3 stelle e seconda classe in treno. Ma l’obiezione dell’ingegner Bina di non rientrare nei paletti non essendo un amministratore o un assessore, ma un alto dirigente, ha prevalso.

Così, mentre la tassa sui rifiuti che pagano i romani è tra le più alte d’Europa (30% in più rispetto a Milano per dire), Bina ha presentato la sua ricetta. “Il primo tassello operativo sarà attuato nelle zone dove vige il porta a porta con l’inserimento di casupole di circa 6 metri all’interno dei cortili condominiali dotati di spazio – scrive Manuela Pelati sempre sul quotidiano di via Solferino -. Nelle domus saranno inseriti i bidoncini delle 5 frazioni differenziate e le casupole dovranno essere circondate da piante, pulite e curate con attenzione da parte dei condomini sui quali, probabilmente peserà l’acquisto. Chiuse a chiave con un meccanismo elettronico che permetterà all’utente di aprirle con la green card, una tessera nominale magnetica, le casupole eviteranno la migrazione dei rifiuti da altri condomini e spingeranno a comportamenti virtuosi i cittadini che saranno premiati sulla tariffa. L’altro step nelle priorità di Bina illustrate mercoledì è quello delle piazzole per le compostiere condominiali: la richiesta ai Municipi è di individuare le piazze e vie dove inserirle all’interno dei Municipi. ‘Abbiamo intenzione di installare a Roma 100 impianti di comunità da 60 tonnellate ciascuno, per una capacità di trattamento pari a 6.000 tonnellate all’anno di rifiuto compostabile. Un numero che potrebbe essere incrementato in futuro’ aveva annunciato Bina il 31 gennaio”.