Giudici italiani primi (e unici) al mondo: telefonino al lavoro dà tumore, quello privato no?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 20 Aprile 2017 - 18:50 OLTRE 6 MESI FA
Giudici italiani primi (e unici) al mondo: telefonino al lavoro dà tumore, quello privato no?

Giudici italiani primi (e unici) al mondo: telefonino al lavoro dà tumore, quello privato no?

ROMA – Giudici italiani primi e per ora unici al mondo: il Tribunale di Ivrea ha emesso sentenza in cui si riconosce il nesso causale tra uso scorretto del cellulare e insorgenza del tumore al cervello (parole quasi testuali degli avvocati che hanno vinto la causa intentata). Nel caso in specie, fortunatamente un tumore benigno, però riconosciuto dalla sentenza come “invalidante”. E quindi la sentenza riconosce a un dipendente di Telecom che per lavoro era obbligato a stare molto al telefono cellulare una “rendita vitalizia per malattia professionale”. Ma, prima domanda, siamo di fronte ad una causa di lavoro o a una scoperta scientifica?

La sentenza mischia e unifica. Dà ragione al lavoratore nella sua richiesta e insieme attesta un rapporto causa-effetto tra uso dei cellulari e insorgenza dei tumori che non sta in letteratura scientifica e che certo un Tribunale, una magistratura tutta non dovrebbero avere strumenti e competenza per misurare, attestate, sancire. La prova di questo debordare della sentenza a sproposito nella ricerca e sperimentazione sull’elettromagnetismo e sull’oncologia è in fondo scritta nella sentenza stessa.

Quando la sentenza ricorre al concetto di “uso scorretto” del cellulare usa una categoria non scientifica, non misurabile, opinabile. La sentenza sul lavoro che un po’ indossa e un po’ le vengono messi indosso i panni di una ricerca scientifica non va più in là, quanto a scienza, del dire solennemente che troppo telefonino fa male.

Quando è troppo? Su che parametri? Uso scorretto? Quando l’uso diventa scorretto? Fino a che punto è corretto l’uso del cellulare? E’ una questione di tempo d’uso? O di vicinanza all’orecchio? Interferisce e dialoga con predisposizioni genetiche? Dipende dal tipo di cellulare? Fa venire il tumore lavorarci col telefonino? O anche usarlo per svago e compagnia e abitudine? Dà tumore il telefonino aziendale, quello privato no?

Tutte domande, alcune concrete, altre paradossali che nascono automatiche dalla sentenza di Ivrea cui la sentenza di Ivrea fa solo finta di rispondere.

La storia, la vera e rispettabile storia sembra essere quella di una fondata causa di lavoro e di una comprensibile sentenza a favore del dipendente: un danno alla salute riconosciuto come contratto sul lavoro e risarcito (forse con qualche larghezza) con un vitalizio. Tutto qui, una causa come tante con l’esito come spesso in queste cause secondo consolidato orientamento della magistratura.

Ma ormai di consolidato orientamento della magistratura ce n’è anche un altro: il non sapersi contenere e l’horror vacui del dichiararsi non competente, non ultima istanza su qualcosa, almeno qualcosa. In Italia la magistratura qua e là si sente e si dichiara competente e tenuta all’ultima parola sui mercati finanziari, sulla politica valutaria e monetaria, sui parametri di rating, sulla salute delle piante, sulle migrazioni di micro organismi, sulla efficacia clinica di cure e metodi diagnostici, sulla salubrità delle terre e delle acque, sulla legittimità e utilità di uno scavo, di un gasdotto, di una centrale di energia, sulla conduzione di un telegiornale…

La magistratura ha orrore del vuoto…e lo riempie tutto. Si è fatta agronoma, geologa, chimica, architetto, ingegnere, direttore, medico e ora anche oncologo sul campo. D’ora in poi sappiamo per primi al mondo che il telefonino dà il cancro. Quei tardoni e lentoni dei ricercatori non ce l’avevano ancora detto, i giudici italiani hanno fatto prima, hanno occupato il vuoto. Attenti però ad attribuire alla sentenza e a chi l’ha scritta una qualche responsabilità e verifica scientifica appunto, hanno detto che troppo e scorretto telefonino dà il cancro. Come troppo e scorretto cibo, come troppi e scorretti esami clinici, come troppa e scorretta esposizione al sole. Insomma, dal punto di vista scientifico hanno sentenziato che il troppo stroppia. E la compagnia di giro della comunicazione ha vestito una onesta sentenza da causa di lavoro in una mastodontica e fanfarona scoperta di scienza.