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Indi, le macchine che la tengono in vita verranno staccate oggi. Pillon: “L’Italia ha fatto il possibile”

Verranno staccate già oggi le macchine che tengono in vita Indi Gregory, la neonata inglese di otto mesi affetta da una patologia mitocondriale incurabile. “Abbiamo azionato ogni procedura dei trattati internazionali, abbiamo offerto trasferimento, cure, collaborazione. L’Italia ha fatto il possibile su richiesta dei genitori, ma ha trovato solo muri. Oggi verso le 11 il sistema inglese staccherà i supporti vitali a Indi Gregory”, ha scritto su X (ex Twitter) l’ex senatore leghista Simone Pillon, oggi legale della famiglia della bimba.

Indi, macchine staccate già oggi

Ieri in un’udienza i giudici inglesi avevano respinto l’ultimo appello dei genitori di Indi Gregory, rifiutando la possibilità di trasferire il caso alla giurisdizione italiana e stabilendo che entro lunedì dovessero essere staccate le macchine per il sostegno vitale. Queste, però, verranno spente già nella mattinata di oggi, sabato 11 novembre. La bambina verrà poi trasferita in un hospice, come hanno reso noto Pillon, che sta appunto seguendo gli sviluppi legali del caso dal lato italiano, e Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita e Famiglia onlus.

Lunedì, insomma, era stato fissato il termine ultimo entro il quale non sarebbe stato possibile attendere oltre, ma secondo la sentenza i medici avrebbero dovuto procedere con il distacco quanto prima.

A vuoto l’appello del Governo italiano

Nelle scorse ore il governo italiano, dopo aver concesso la cittadinanza alla piccola nel tentativo di trasferirla all’ospedale Bambin Gesù di Roma, aveva lanciato un ultimo appello formale, firmato da Giorgia Meloni in persona. La presidente del Consiglio aveva scritto una lettera al Lord Cancelliere e Segretario di Stato per la Giustizia del Regno Unito, chiedendogli di “sensibilizzare le autorità giudiziarie” e permettere il trasferimento della piccola “in nome della Convenzione dell’Aja” e “nello spirito di collaborazione che da sempre contraddistingue i due Paesi”.

Per i giudici, però, per la piccola un ricovero in Italia non cambierebbe in alcun modo la sua condizione. E hanno dato ragione ai medici, secondo cui – per il principio del miglior interesse del paziente – mantenerla in vita più a lungo ora significherebbe solo prolungare le sue sofferenze.

 

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