Pensioni: dal 2016 non basteranno più i 40 anni di contributi, ma il governo frena

Pubblicato il 1 Luglio 2010 - 17:11 OLTRE 6 MESI FA

“Il governo valuterà l’emendamento”. Le parole del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, stridono con l’emendamento alla manovra presentato dal relatore Antonio Azzollina del Pdl, con cui dal 2016 si vorrebbero cancellare i 40 anni di contributi quale requisito sufficiente per andare in pensione. Ma le parole del ministro fanno seguito anche alla durissima presa di posizione dei sindacati, decisi a evitare “nuove penalizzazioni”, usando le parole di Raffaele Bonanni, a lavoratori “già colpiti dalla manovra correttiva”.

L’emendamento del relatore Azzollina accoglie anche l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne del pubblico impiego. Ma la vera novità è l’insufficienza dei 40 di contributi per andare in pensione, conseguenza delle misure che prevedono che dal primo gennaio 2016 tutti i requisiti di pensionamento verranno aggiornati, ogni tre anni, sulla base dell’incremento della speranza di vita calcolata dall’istat. Adeguamento che, stando all’emendamento, riguarderà non solo i requisiti anagrafici, ma anche il requisito unico dei 40 anni di contribuzione che consente di andare in pensione a prescindere dall’età. Misure che si ‘sommano’ agli effetti analoghi prodotti dall’introduzione della cosiddetta ‘finestra mobile’ prevista dalla manovra.

In attuazione – si legge nell’emendamento – del decreto legge dello scorso anno che già interveniva sul fronte previdenziale si stabilisce che ”a decorrere dal primo gennaio 2016 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva e il requisito contributivo di 40 anni ai fini del conseguimento del diritto all’accesso al pensionamento indipendentemente dall’età anagrafica sono aggiornati a cadenza triennale con decreto direttoriale del ministero del lavoro di concerto con il ministero dell’economia da emanarsi almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento”.

L’adeguamento all’aspettativa di vita scatterà anche per le pensioni sociali. In pratica, a partire dal 2016, anche chi dovrebbe percepire l’assegno più basso, quello che il precedente governo Berlusconi portò a circa 500 euro (il vecchio milione di lire) vedrà spostarsi l’età in avanti a seconda dei successivi adeguamenti dell’Istat.

L’adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all’aumento delle aspettative di vita calcolato dall’Istat comporterà al 2050 un aumento di circa 3,5 anni nella media del periodo lavorativo. Il numero di soggetti che maturano i requisiti nel periodo 2016-2020 saranno circa 400.000 in media. L’operazione, secondo la relazione tecnica, comporterà, nel periodo 2016-2020, 7,838 miliardi di risparmi: 60 milioni nel 2016, 800 milioni nel 2017, 1,725 miliardi nel 2018, 1,920 nel 2019 e 3,333 nel 2020.

La relazione tecnica spiega, inoltre, che la norma comporterà una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil di circa 0,1-0,2 punti percentuali attorno al 2020 crescente fino a 0,5 punti percentuali al 2030, per poi decrescere a 0,4 punti al 2040 e a 0,2 punti percentuali al 2045, attestandosi a questo livello anche alla fine del periodo di previsione dopo una fase di effetto sostanzialmente nu