Antisemitismo, nella lista nera del Wiesenthal Centre il columnist di Spiegel

Pubblicato il 9 Gennaio 2013 - 14:42 OLTRE 6 MESI FA
Il Simon Wiesenthal Center di Los Angeles

BERLINO – Antisemitismo usato come arma contundente verso chi critica Israele? Il caso esploso tra il noto Wiesenthal Centre di Los Angeles e l’edizione online dello Spiegel tedesco aggiorna l’ormai eterno dibattito: stavolta, però, modalità e criteri di assegnazione della infamante patente di antisemita sono davvero troppo arbitrarie, per non dire infondate completamente. Soprattutto in relazione alla decisione del Wiesenthal Centre a qualsiasi forma di discussione e confronto con un giornale difficilmente accostabile alla schiera, purtroppo nutritissima, di chi dietro la critica alla politica sionista nasconde malamente un antisemitismo inestirpabile.

E’ successo che il Wiesenthal Centre ha pubblicato, come fa da un paio di anni a questa parte, la lista nera dei 10 più pericolosi antisemiti al mondo del 2012. Bene, al 9° posto, è stato piazzato l’influente editorialista del settimanale Die Freitag e titolare di una rubrica sullo Spiegel: Jakob Augstein, l’accusato, figlio adottivo di Rudolf Augstein, è anche erede del fondatore dello Spiegel e insieme a fratelli e cugini detiene una quota rilevante del giornale. Immaginate l’imbarazzo redazionale: dargli contro platealmente è impossibile, assolverlo pure e per la stessa ragione. Un rompicapo da cui la direzione pensava di uscirne solo invitando l’estensore della famigerata lista, Rabbi Abraham Cooper, a un confronto pubblico con Augstein, anche per ragionare dei due pezzi incriminati apparsi sullo Spiegel, in uno dei quali l’editorialista citava lo scrittore Günter Grass.

Cosa non era piaciuto a Rabbi Cooper? L’affermazione, desunta appunto dal Nobel Grass, secondo cui Israele, una potenza nucleare, rappresenta una minaccia per una pace mondiale tutt’altro che stabile. Secondo, il convincimento, condiviso peraltro da molti giornalisti ebrei israeliani, che la Striscia di Gaza, sia diventata un campo di incubazione dei suoi nemici. E’ sufficiente tutto ciò a qualificare qualcuno come pericoloso antisemita, qualcuno da affiancare in una lista insieme ai Fratelli Musulmani, al regime iraniano, insomma a gente che teorizza la distruzione di Israele?

Rabbi Cooper, sollecitato da Spiegel, ha chiesto 24 ore di tempo per accettare. Quando lo ha fatto ha posto queste condizioni: dibattito sì, a patto che Augstein si scusi anticipatamente per le dichiarazioni oggetto dei suoi strali. Come dire non accetto e non ti dico nemmeno perché. Anche qualche tedesco ha preso per buone le sue posizioni contro Augstein: ma, perfino un provocatore nato come  Henryk Broder, vecchio collaboratore dello Spiegel, si è dovuto esporre al giudizio del pubblico rispetto alle sue accuse roboanti (ha paragonato Augstein a un  “pedofilo che si descrive come amico dei bambini”). Rabbi Cooper fa la sua lista di proscrizione e la spaccia come un decalogo inscalfibile, dimenticando che anche il Dio di Israele ebbe bisogno di un balbuziente come Mosè per renderlo pubblico. Rabbi Cooper non fa un buon servizio alla causa di Israele.